Una affermazione della numerologia avanzata da alcuni praticanti conclude che, dopo osservazioni empiriche e investigazioni, attraverso lo studio dei numeri l'uomo potrà scoprire aspetti segreti di sé stesso e dell'universo.

giovedì 28 febbraio 2013

Santo del giorno 28 Febbraio

SAN ROMANO DI CONDAT
Romano di Condat, venerato come santo dalla Chiesa cattolica, fondò assieme al fratello san Lupicino il monastero di Condat, quello di Lauconne, quello femminile di La Balme e quello di Romainmôtier. La sua vita si ispirò a quella dei Padri del deserto della Tebaide.
Romano e il fratello Lupicino nacquero a Izernore, nel territorio dei Sequani, oggi dipartimento dell'Ain, nell'attuale diocesi di Belley-Ars. I genitori lo mandarono a studiare nel monastero d'Ainay a Lione, costruito nel punto di confluenza della Saona nel Rodano, dove fu allievo dell'abate Sabino che gli donò una Vita dei Padri del deserto e le Istituzioni di Cassiano. Presto desiderò vivere una vita da eremita, per poter realizzare meglio il suo ideale ascetico. All'età di 35 anni si ritirò quindi nelle foreste del Massiccio del Giura, in un luogo chiamato Condat, alla confluenza del fiume Tacon nel Bienne. Visse da eremita, imitando i Padri del deserto della Tebaide. Aveva trovato riparo sotto un gran pino solitario, le cui fronde lo proteggevano dalle intemperie, nutrendosi di frutti selvatici e dissetandosi ad una fresca sorgente vicina. Si era portato anche una vanga e delle sementi, che seminò ottenendo dei buoni raccolti, con i quali si sfamò. Dopo qualche anno lo raggiunse il fratello Lupicino, che era rimasto vedovo. Insieme vissero da eremiti ancora qualche anno fra digiuni e penitenze.
Gli inizi furono difficili, soprattutto per il clima freddo e umido del luogo, mentre quello del deserto della Tebaide dove si erano appartati i "Padri del deserto" era caldo e asciutto. Romano e Lupicino, scoraggiati per la fatica, decisero di abbandonare Condat. Dopo un giorno di cammino si fermarono presso un casale e chiesero ospitalità a una donna, ma questa li incoraggiò a tornare indietro, sostenendo che non dovevano lasciare campo libero a Satana che li aveva voluti cacciare via dal loro romitaggio.
Dopo qualche anno, attratti dalla fama di santità che i pochi abitanti dei dintorni avevano propagato, accorsero altri giovani desiderosi di imitarli. Romano allora per ospitarli, nel 445 costruì il monastero di Condat e Lupicino, poco distante, quello di Lauconne. I due fratelli avevano caratteri completamente diversi, Romano era più bonario e mite, mentre Lupicino era più austero e severo. Si alternavano spesso alla direzione dei due monasteri: quando la severità di Lupicino scoraggiava i suoi monaci, interveniva Romano per incoraggiarli con la sua dolcezza.
Nei due monasteri vigeva una regola disposta da Romano che l'aveva derivata da quella di san Basilio, di san Pacomio e del monastero di Lerino di sant'Onorato di Arles. Tutta la comunità si asteneva dal mangiare carne, in rare occasioni si alimentavano di latte e uova, si vestivano con pelli di animali e calzavano zoccoli. Qualche secolo dopo alle comunità fondate da Romano e Lupicino fu data la regola benedettina.
Quando li raggiunse anche la loro sorella Iola (o Yole), essi fondarono per lei il monastero femminile di La Balme (o La Baume), su una roccia a strapiombo sulla riva destra del fiume Bienne, che presto fu popolato da più di cento monache. Questo monastero in seguito fu chiamato Saint Romain de Roche.
Nel 444 il vescovo d'Arles sant'Ilario, trovandosi a Besançon per deporre il vescovo Celidonio, ebbe notizia delle opere di Romano, lo volle convocare a Besançon, e per dargli più autorità ed un riconoscimento ufficiale, lo ordinò sacerdote, ma quest'onore non cambiò affatto il comportamento del santo che continuò a restare ancora più umile e gentile con i suoi confratelli.
Nel 450, Romano fondò sul versante orientale del Giura il primo monastero dell'odierna Svizzera, che prese poi il nome di Romainmôtier, fra Orbe e Vallorbe, nel cantone di Vaud, che fu attivo fino al 1536, quando la riforma protestante lo distrusse.
Si racconta che andando in pellegrinaggio sulla tomba di san Maurizio a Saint Maurice-en-Valais, Romano fu sorpreso dalla notte nei pressi di Ginevra, chiese allora ospitalità a due lebbrosi che vivevano in una capanna e che volevano respingerlo per non contagiarlo, ma lui non si spaventò della malattia e volle dormire sotto il loro tetto. Al mattino i due lebbrosi si accorsero di essere guariti e si recarono a Ginevra a rivelare la loro guarigione. I ginevrini, che li conoscevano bene, andarono a ricercare Romano e gli fecero gran festa. Romano un po' confuso delle loro attenzioni colse l'occasione per invitarli a convertirsi e a fare penitenza.
Come lui stesso aveva disposto, fu seppellito nel convento di La Balme. Le sue reliquie furono subito oggetto di grande venerazione. Nel VII secolo furono traslate nella chiesa dell'abbazia di Condat (che nel frattempo era stata intitolata a sant'Eugendus). Nel 1522 un incendio distrusse la chiesa e le reliquie di Romano e di Lupicino. I pochi resti sopravvissuti furono conservati nella chiesa di Saint-Romain-de-Roche costruita nel XVI secolo che ha rimpiazzato il monastero di la Balme. Essi sono chiusi in un reliquiario del XIII secolo a forma di mausoleo.
Il convento di La Balme non durò a lungo, perché dopo la morte di Romano e della sorella, le monache si dispersero. Vi restò solo la sede di un priorato che dipendeva dal convento di Condat. Il sito di La Balme fu poi chiamato Saint Roman de Roche perché vi era stato seppellito il santo. L'abbazia di Condat prese poi il nome di Saint Oyend (sant'Eugendus) dal nome del quarto abate , finché nel XIII secolo non prese il nome di Saint Claude in onore di Claudio di Besançon, già vescovo di Besançon e poi dodicesimo abate dell'abbazia, quando il culto di quel santo si affermò. Quando però con l'apertura di una grande strada di comunicazione che attraversava la zona e con le frequenti visite dei fedeli alla fonte di san Romano, perse le caratteristiche di romitorio isolato, i monaci abbandonarono la severa regola benedettina e nel 1742 si secolarizzarono diventando canonici della cattedrale di Saint-Claude, quando nel 1742 papa Benedetto XIV vi istituì la diocesi di Saint-Claude.
Nelle raffigurazioni religiose san Romano e san Lupicino vengono rappresentati in ginocchio che pregano, mentre il demonio fa piovere su di essi una pioggia di ciottoli, oppure mentre ripartono dal casale in cui si erano fermati, o ancora vestiti da abati con una croce o una piccola chiesa in mano, mentre lavano i piedi ai pellegrini o ai malati. O mentre lavorano i campi.

mercoledì 27 febbraio 2013

Santo del giorno 27 Febbraio

SAN GABRIELE DELL'ADDOLORATA
San Gabriele dell'Addolorata, al secolo Francesco Possentifu un religioso della Congregazione della Passione di Gesù Cristo. Proclamato santo nel 1920 da papa Benedetto XV, la sua memoria liturgica è celebrata il 27 febbraio. È patrono della regione Abruzzo e della Gioventù cattolica italiana.
Undicesimo di tredici figli, Francesco nacque ad Assisi, città di cui il padre Sante Possenti era governatore e che allora faceva parte dello Stato Pontificio sotto Gregorio XVI prima e Pio IX dopo.
All'età di quattro anni sua madre Agnese Frisciotti morì, e la famiglia seguì i vari spostamenti che la professione paterna comportava. Questo fino a quando si stabilirono a Spoleto dove Francesco frequentò gli insegnamenti dei Fratelli delle scuole cristiane e dei Gesuiti.[ una lapide, posta sulla facciata della casa spoletina del giovane Francesco,si trova in via Brignone.Al Santo inoltre è stata dedicata una piazza,nella stessa città di Spoleto] Egli conduceva una vita normale per un ragazzo della sua età e della sua epoca. Era noto per la sua personalità affettuosa ed estroversa. Rischiò una volta la vita in un incidente di caccia. Durante una malattia, ancora ragazzino, promise di diventare religioso se fosse guarito. Guarì due volte, ma egli procrastinò questo impegno. Francesco andava bene a scuola, nonostante un'infanzia in cui vide la morte di tre sorelle e soprattutto della madre. Come un normale ragazzo della sua età Francesco attirava l'attenzione delle ragazze di Spoleto, città in cui la sua famiglia si era trasferita da Assisi.
Durante la processione dell'icona del duomo di Spoleto, il 22 agosto 1856, Francesco sentì una voce interiore (locuzione mariana) che lo invitava a lasciare la vita borghese per farsi religioso passionista. Nonostante le forti difficoltà presentategli dal padre, Sante Possenti, Francesco fu in grado di vincere tutti i suoi argomenti e di persuaderlo della natura genuina della sua vocazione religiosa.
Francesco prese i voti nella comunità Passionista, assumendo il nome di 'Gabriele dell'Addolorata', che rifletteva la sua devozione - radicata in lui fin dall'infanzia, tra l'altro, da una statuetta della Pietà che la madre conservava in casa - per la Madonna Addolorata. Al termine del noviziato pronunciò il voto tipico dei Passionisti: quello di diffondere la devozione al Cristo Crocifisso, in seguito emise anche quello di diffondere la devozione alla Vergine Addolorata. I suoi scritti (epistolario e pagine di spiritualità) riflettono questa sua stretta
relazione con il Signore e la Vergine Maria. In particolare, nelle Risoluzioni descrive in dettaglio la via che seguì per raggiungere tale unità con la Passione di Cristo e i dolori di Maria, conseguendo così la perfezione secondo la regola passionista.Trascorse sei anni nella congregazione passionista (1856-1862). Verso gli ultimi due anni, quando era già di comunità a Isola del Gran Sasso, venne colpito dalla tubercolosi ossea, ma si sforzò sempre di seguire in tutto la vita regolare comunitaria compatibilmente con la sua situazione di malattia. Fino a due mesi precedenti la morte poté seguire le celebrazioni liturgiche. Mantenne fino alla fine la sua abituale serenità di animo, al punto che gli altri confratelli erano desiderosi di passare del tempo al suo capezzale, oltre i normali doveri di assistenza. Gabriele si rassegnò totalmente alla sua morte imminente. Prima che potesse venire ordinato sacerdote, per motivi di salute e per i torbidi politici (l'Abruzzo era da poco passato dal regno della Due Sicilie al Regno d'Italia), Gabriele morì, all'età di soli 24 anni, nel ritiro passionista di Isola del Gran Sasso (TE).

martedì 26 febbraio 2013

Santo del giorno 26 Febbraio

 SAN ALESSANDRO DI ALESSANDRIA
Alessandro di Alessandria fu il settimo Papa della Chiesa copta Occupò la cattedra patriarcale dal 313 fino alla sua morte, avvenuta nel 326.
Alessandro viene ricordato sia per la sua grandezza che per il fatto che la sua nomina patriarcale escluse l'eresiarca Ario da quella carica. Quest'ultimo aveva iniziato a predicare la sua eresia nel 300, quando Pietro, da cui fu scomunicato, era patriarca. Ario fu riammesso alla comunione da Achilla, il successore di Pietro, e da questo momento iniziò a tramare per essere nominato vescovo. Alla morte di Achilla, però, fu eletto Alessandro, pertanto Ario gettò la maschera e si ribellò apertamente. Alessandro, in principio, fu molto tollerante verso gli errori di Ario, al punto che il clero quasi si ribellò. Infine, però, l'eresia condannata da un concilio tenutosi ad Alessandria nel 318 e, più tardi, dal primo concilio di Nicea (325), di cui Alessandro redasse gli atti.
Il concilio di Nicea stabilì, infatti, che il Figlio è consustanziale al Padre e non generato, contraddicendo in tal modo le tesi di Ario che, pur ammettendo che Gesù fosse di sostanza simile a Dio, riteneva che questi avesse iniziato ad esistere solo nel momento in cui era stato generato. Il concilio adottò, inoltre, la partizione civile dell'Impero come modello di partizione giurisdizionale della chiesa, riconoscendo per la prima volta ad Alessandria il ruolo di patriarcato.
Durante il suo lungo episcopato si verificarono le sanguinose persecuzioni degli imperatori Galerio e Massimino Daia che misero per l'ennesima volta a dura prova il cristianesimo in Egitto. Fu proprio mentre il suo predecessore Pietro era in carcere, in attesa del martirio, che Alessandro ed Achilla si recarono presso il pontefice ed intercessero per Ario, che Pietro aveva scomunicato dichiarando che era destinato alla perdizione. Il pontefice rifiutò di riammetterlo alla comunione, tuttavia, quando Achilla succedette a Pietro, Ario fu ordinato sacerdote e quando, a sua volta, Alessandro divenne vescovo l'eretico era ancora tollerato.

lunedì 25 febbraio 2013

Santo del giorno 25 Febbraio

SAN GERLANDO DI AGRIGENTO
San Gerlando di Agrigento fu nominato vescovo di Agrigento nel 1088 ed è venerato come santo dalla Chiesa cattolica dal 1159. 
Le sue reliquie sono conservate nella cattedrale di Agrigento, in un'urna d'argento di pregevole fattura.
Da parte dei fedeli di Agrigento, ancora oggi, il suo nome viene invocato a difesa di calamità naturali. San Giullannu senza ddannu cioè "San Gerlando difendici dal danno o dai danni", quali tempeste, fulmini e tuoni. In occasione della rovinosa frana del 19 e 20 luglio 1966, che inghiotti grande parte della città, il suo nome venne quotidianamente invocato. La frana non provocò alcuna vittima, fatto che i fedeli interpretarono come intervento del santo.

venerdì 22 febbraio 2013

Santo del giorno 22 Febbraio

SANTA MARGHERITA DA CORTONA
Margherita da Cortona fu una religiosa appartenuta al Terz'Ordine Francescano. Nel 1728 è stata proclamata santa da papa Benedetto XIII.
Di umili origini, venne battezzata presso l'antica pieve di Pozzuolo Umbro, dove attualmente sorge la chiesa dei Santi Pietro e Paolo: rimase presto orfana di madre e dall'età di diciassette anni visse come concubina con un nobile di Montepulciano, Arsenio (identificato con Raniero del Pecora, dei signori di Valiano), dal quale ebbe anche un figlio.
La coppia passava molto tempo in una residenza di caccia nelle colline al confine tra Umbria e Toscana, appartenente al feudo valianese dei Del Pecora. Ancora oggi, in questo castello, si trova una cappella ricavata dall'antica entrata del castello dedicata alla santa, che visse in quelle stanze nel XIII secolo.
Nel 1273 Arsenio, durante una battuta di caccia in una delle sue proprietà di Petrignano del Lago, venne aggredito e assassinato da un gruppo di briganti: Margherita, secondo la leggenda, seguì a piedi il cane di Arsenio dalla sua residenza presso Valiano fino in località Giorgi, presso un piccolo boschetto, dove trovò il corpo dell'amante; vicino alla quercia secolare dove si colloca l'accaduto, è sorta una chiesetta in onore della Santa e della cosiddetta "Quercia del Pentimento".
Scacciata col figlio dai famigliari dell'amante, rifiutata dal padre e dalla sua nuova moglie, si pentì della sua vita e si convertì. Si avvicinò ai francescani di Cortona, in particolare ai frati Giovanni da Castiglione e Giunta Bevegnati, suoi direttori spirituali e poi biografi: affidò la cura del figlio ai frati minori di Arezzo, e nel 1277 divenne terziaria francescana, dedicandosi esclusivamente alla preghiera ed alle opere di carità.
La sua spiritualità pone attenzione particolare alla Passione di Cristo, in linea con quanto vissero Francesco d'Assisi, Angela da Foligno e più tardi Camilla da Varano. Margherita, infatti, visse numerose crisi mistiche e visioni.
Diede vita ad una congregazione di terziarie, dette le Poverelle; fondò nel 1278 un ospedale presso la chiesa di San Basilio e formò la Confraternita di Santa Maria della Misericordia, per le dame che intendevano assistere i poveri ed i malati.
Donna mistica, ma anche di azione, coraggiosa, ricercata per consiglio, fu attenta alla vita pubblica e, nelle contese tra guelfi e ghibellini, fu operatrice di pace presso i feudi di Montepulciano.

giovedì 21 febbraio 2013

Santo del giorno 21 Febbraio

SANTA ELEONORA DI PROVENZA
Eleonora di Provenza, fu regina consorte d'Inghilterra e duchessa consorte d'Aquitania dal 1236 al 1272.
Eleonora era famosa per la sua bellezza, come per altro lo erano le sue tre sorelle.
Nel 1235 il re d'Inghilterra, Enrico III (1207-1272), chiese la mano di Eleonora tramite lo zio, il conte di Savoia Amedeo IV.
Il matrimonio fu celebrato, il 14 gennaio del 1236, nella cattedrale di Canterbury dal suo arcivescovo, Edmondo di Canterbury.
Gli sposi, Enrico ed Eleonora non si erano mai visti prima.

Eleonora riuscì in poco tempo a riempire la corte d'Inghilterra di compatrioti provenienti dalla Provenza. Inoltre la parentela con i Savoia portò in Inghilterra tre zii di Eleonora, tutti e tre fratelli di Amedeo IV, figli del conte Tommaso I, Bonifacio, che nel 1245 divenne arcivescovo di Canterbury, Pietro, il futuro conte di Savoia Pietro II (1263-1268), già Signore del Vaud (1233-1268), che divenne Conte di Richmond (1241-1268), ed infine Guglielmo di Savoia (†1239), vescovo di Valence e rettore di Vienne, che aveva condotto con sé un ottimo collaboratore, Pietro Aigueblanche, che fu vescovo di Hereford, diplomatico alle corti di Luigi IX di Francia e di Alfonso X di Castiglia, negoziatore del matrimonio di Riccardo di Cornovaglia con Sancha di Provenza, collettore delle tasse papali ed infine governatore della Guascogna, dopo che quest'ultima era tornata ai Plantageneti nel 1254, col matrimonio di Edoardo con Eleonora di Castiglia.
Quando, nel 1245, suo padre morì, Eleonora con le sorelle, Sancha, moglie di Riccardo di Cornovaglia e Margherita, moglie del re di Francia, San Luigi IX, avrebbero desiderato dividere i feudi paterni con la sorella minore, Beatrice, ma il promesso sposo di quest'ultima, Carlo I d'Angiò, fratello di San Luigi IX, invase la Provenza e non la volle più spartire; per cui i suoi rapporti con le tre sorelle defraudate furono sempre molto tesi.
Eleonora ebbe rapporti particolarmente affettuosi con il figlio Edoardo: quando si ammalò, rischiando la vita (1246), lei rimase con lui all'abbazia di Beaulieu per tre settimane, ben oltre il tempo permesso dalle regole monastiche. Per sua influenza re Enrico elevò Edoardo al rango di duca di Guascogna nel 1249. Quando Enrico venne duramente contestato da Simone di Montfort, sesto conte (Earl) di Leicester, lei appoggiò la causa del marito, raccogliendo in suo favore truppe in Francia. Il 13 luglio 1263, mentre stava scendendo lungo il Tamigi su una chiatta, fu attaccata dai cittadini di Londra. Dopo essere stata soccorsa da Thomas FitzThomas, sindaco di Londra, si rifugiò preso il vescovo londinese.
Alla morte, nel 1274, del nipote Enrico, secondogenito del figlio Edoardo, che si trovava a Guildford affidato alle sue cure, Eleonora si occupò delle esequie e fece tumulare il cuore di Enrico in un convento da lei fatto erigere in sua memoria, mentre i genitori che si trovavano a Londra non parteciparono alla cerimonia pur essendo il tragitto Londra-Guildford piuttosto breve.
Dopo essersi occupata di allevare ed educare molti nipoti, il 3 luglio 1276 si ritirò nell’abbazia benedettina di Amesbury, ma rimase in contatto con il figlio Edoardo e la sorella Margherita.
Morì nel 1291 ad Amesbury (Inghilterra), lasciando il figlio Edoardo che l'anno prima aveva perso l'adorata moglie, Eleonora di Castiglia, in uno stato di prostrazione che gli rese amaro e difficile il biennio 1290-1291.

mercoledì 20 febbraio 2013

Santo del giorno 20 Febbraio

SANT'ELEUTERIO DI TOURNAI
Eleuterio di Tournai venerato come santo dalla chiesa cattolica, fu vescovo di Tournai per 45 anni.
nacque a Tournai da Blanda e da Sereno, un nobile gallo-romano che possedeva molte terre a Tournai e nel villaggio di Blandain. Si era convertito al cristianesimo al tempo della predicazione di San Piatone e aveva donato il terreno su cui sorse la cattedrale di Notre-Dame di Tournai. Eleuterio fece i suoi studi letterari e teologici con molto profitto, ebbe come compagno di studi san Medardo, che poi diverrà vescovo di Noyon, che gli predisse che un giorno sarebbe divenuto vescovo di Tournai. Ciò avvenne realmente nel 486, quando alla morte del vescovo Teodoro fu eletto per succedergli e fu consacrato dal vescovo di Reims San Remigio.
I primi anni del suo episcopato furono particolarmente difficili, nel 476 era caduto l'impero romano ed erano già iniziate le invasioni barbariche di Burgundi, Visigoti, Alemanni e Franchi, questi ultimi ancora pagani, avevano stabilito la propria capitale proprio a Tournai, così Eleuterio fu costretto a rifugiarsi, spostando la sede vescovile nel vicino e più sicuro villaggio di Blandain. Fu molto impegnato sia a convertire i barbari che erano pagani, che a combattere contro il diffondersi dell'Arianesimo. La diocesi di Tournai che era molto estesa era il più importante centro cristiano del nord della Francia, e aumentò d'importanza quando, nel 496, dietro l'esempio della conversione al cristianesimo del re Clodoveo, tutto il suo popolo si convertì, facendosi battezzare.
Eleuterio poté riportare la sede vescovile a Tournai, si prodigò per battezzare un gran numero di Franchi.
Negli anni seguenti andò tre volte in pellegrinaggio a Roma, nel 501 ebbe in dono dal Papa Simmaco alcune reliquie di Santo Stefano e di Santa Maria Egiziaca, al suo ritorno fu accolto da una gran folla e si racconta che attorno a lui si siano formati due cerchi di luce visibili da tutti. Al passaggio di Eleuterio con le reliquie si verificarono parecchie guarigioni improvvise di storpi e di un muto conosciuto da tutti. Anche Clodoveo ebbe modo di sperimentare le virtù profetiche di Eleuterio, quando di ritorno dalla battaglia di Tolbiac, pentito per alcuni suoi crimini politici, andò da lui da penitente perché intercedesse e gli ottenesse il perdono divino. Eleuterio gli rivelò in anticipo tutti i suoi misfatti, prima che il re si decidesse a confessarli. Questi stupito e commosso si pentì sinceramente.
Clodoveo tenne sempre in grande stima Eleuterio e fece molte donazioni di terreni alla sua diocesi.
Nel 520 riunì un sinodo per condannare le eresie che ancora erano molto diffuse, soprattutto il pelagianesimo e l'arianesimo.
Morì nel 531 per mano di una banda di eretici che lo assalirono mentre usciva dalla chiesa e lo ferirono ripetutamente, Eleuterio sopravvisse qualche giorno e infine il 20 febbraio spirò.
Il suo funerale fu officiato dall'amico Medardo, vescovo di Noyon, che informato dell'aggressione, era partito da Noyon per fargli visita, ma giunse quando già Eleuterio era morto.

martedì 19 febbraio 2013

Santo del giorno 19 Febbraio

SAN CORRADO CONFALONIERI
Nato nel 1290 ca. da nobile famiglia a Piacenza, Corrado Confalonieri viveva secondo il suo stato, fra divertimenti e onori. All’età di venticinque anni ca., mentre era sontuosamente a caccia, con servi, cavalli, cani, furetti, falconi e astori, non riuscendo a stanare i conigli, fece appiccare il fuoco alla sterpaglia; l’incendio, alimentato dal vento, recò danni alle coltivazioni vicine e distrusse tutto. Non riuscendo a domarlo, tristemente se ne tornò a casa. Saputasi la cosa in città, le guardie di Galeazzo Visconti, signore di Piacenza, andarono sul luogo, e, trovato un uomo, credendolo colpevole, lo condussero in giudizio, dove fu condannato a morte, perché il danno era stato grandissimo. Corrado viene a conoscenza della ingiusta condanna, libera il malcapitato, affronta l’ira del Visconti, che, non potendolo condannare a morte perché nobile, lo priva dei suoi beni in città e fuori, riducendolo alla massima povertà. Corrado, spogliato delle ricchezze del mondo, decide di servire Dio.
Dopo avere raccomandati i servi a Dio, va a vivere in povertà fra un gruppo di religiosi; da essi viene accolto nell’Ordine e ammaestrato sulla via da seguire. Fatto un pellegrinaggio a Roma, se ne allontana e si reca in Sicilia, a Noto, nelle cui vicinanze resterà fino alla morte, in soltitudine eremitica, senza tralasciare i contatti con gli abitanti del luogo. In un primo momento era vissuto alle Celle, presso Noto, con il beato Guglielmo Buccheri. Ma, poiché i Netini lo riverivano troppo, volle allontanarsi un poco, per maggiore solitudine.
La preghiera e il lavoro manuale sono la sua vita quotidiana, austera e parca nel cibo, tanto che le sue tentazioni sono soprattutto di gola; ma la sua perseveranza è fortissima e il diavolo, contro il quale combatte in continuazione, se ne torna sempre sconfitto.
Nella Vita beati Corradi, il più antico documento che abbiamo, scritta in dialetto siciliano da un anonimo verso la fine del Trecento, sembra di rileggere episodi e stile di vita come nei Fioretti di san Francesco e nelle Vitae Patrum (le vite degli antichi eremiti), oltre che nei Dialoghi di Gregorio Magno: aneddoti, miracoli, preghiera: anche gli uccelli si appoggiavano sulle sue spalle e sulle sue mani e cantavano dolcemente. Guarisce, con la preghiera e il segno della croce, un bambino ammalato di ernia: questo è il primo miracolo. La fama di fra Corrado diventa sempre maggiore, ma egli torna nella sua spelonca a lodare Dio, a cui umilmente attribuisce tutto il bene che opera. Lì è visitato dal vescovo di Siracusa, che ne riconosce la santità; al vescovo ed al suo seguito Corrado offre pane fresco, miracoloso, e, alla meraviglia del prelato, si dichiara peccatore aggiungendo che “Dio ha fatto questa cosa, per sua grazia”. Il santo, poi, andrà a Siracusa a parlare con il prelato, segno della sua venerazione per la gerarchia ecclesiastica, in un periodo in cui spesso i rapporti fra gli uomini di chiesa erano abbastanza turbolenti, specialmente per i problemi sulla povertà, che l’Ordine francescano aveva al suo interno e con la Curia papale ad Avignone.
Per accostarsi ai sacramenti della confessione e della comunione andava a Noto, dove c’era un prete suo devoto.
Nella Vita traspare anche la sua devozione verso la vergine Maria, come dimostra la preghiera, che il frate recita ad un suo amico e devoto, che gli aveva chiesto di insegnargli a pregare. Il suo saluto era l’evangelico e francescano (con molta probabilità il santo apparteneva al Terz’Ordine): “La pace sia con te”, oppure: “Cristo ti dia la pace”.
Dopo avere profetizzato prossima la morte, raccomandata l’anima a Dio, il santo muore, mentre ad Avola e a Noto le campane suonano da sole, annunciando così il glorioso trapasso. Gli abitanti delle due città accorrono per avere le reliquie; nello scontro, durissimo come una battaglia, grazie all’intervento miracoloso, nessuno resta ferito, nonostante le molte armi. Il fatto che il corpo di Corrado rimase fra i Netini dimostrò la volontà di Dio; fu perciò portato nella Chiesa Madre di Noto, dove fu seppellito. E nella Cattedrale barocca di Noto ancora oggi è conservato, in un’arca di argento di pregevole fattura, sulla cui sommità Cristo risorto è speranza e certezza di resurrezione per tutti.
Beatificato da Leone X nel 1515, Urbano VIII, nel 1625, concesse ai francescani di celebrarne la festa con Messa e Ufficio propri. Alcune notizie della sua vita, trasformate dalla leggenda, si sono imposte anche nell’iconografia, come il suo separarsi dalla sposa, che si fa monaca; nelle fonti però non c’è accenno a questo matrimonio. Generalmente il santo è rappresentato come un vecchio, che dimostra molto più dei suoi anni, con la barba fluente, vestito da francescano, davanti ad un crocifisso e con il bastone a tau.

mercoledì 13 febbraio 2013

Santo del giorno 13 febbraio

SANTA MAURA E SANTA FOSCA
La storia delle martiri Fosca e Maura, secondo gli agiografi, va collocata durante la persecuzione di Decio, nel III secolo. Secondo la narrazione di un'antica «passio», la giovane Fosca, figlia di genitori pagani di Ravenna, a quindici anni confidò alla nutrice Maura il desiderio di divenire cristiana. Insieme si recarono dal sacerdote Ermolao che le educò alla fede e le battezzò. A nulla valsero i tentativi del padre di far recedere la figlia da questo passo. Fosca fu denunciata al prefetto Quinziano, ma gli uomini inviati ad arrestarla la trovarono con un angelo e non riuscirono nel loro intento. Quindi Fosca e Maura, presentatesi spontaneamente a Quinziano, vennero processate, crudelmente torturate e infine decapitate il 13 febbraio. I loro corpi furono gettati in mare o, secondo altre versioni, rapiti da marinai e trasportati in Tripolitania dove ebbero sepoltura nelle grotte presso Sabratha (oggi Saqratha). Molti anni più tardi, occupata la regione dagli Arabi, un cristiano di nome Vitale per divina ispirazione riportò le reliquie in Italia, nell'isola di Torcello, nella laguna veneta, dove venne eretta una chiesa in onore delle due martiri.

martedì 12 febbraio 2013

Santo del giorno 12 Febbraio

SANT'EULALIA DI BARCELLONA 
Sant' Eulalia di Barcellona è stata una fanciulla che subì il martirio a tredici anni sotto Diocleziano, venerata come santa e patrona di Barcellona.
Poiché rifiutava di rinnegare la sua fede cristiana, Eulalia fu sottoposta dai romani a 13 torture fra cui:
  • Fu chiusa in un barile pieno di chiodi (o pezzi di vetro) e fatta rotolare in una strada identificata dalla tradizione con l'attuale Baixada de Santa Eulalia ("discesa di Sant'Eulalia).
  • Le furono tagliati i seni
  • Fu crocifissa su una croce a forma di X
  • Alla fine fu decapitata
Si narra che una colomba volò dal suo petto alla fine del martirio a simbolo della sua anima. Il suo corpo fu sepolto originariamente a Santa Maria de les Arenes (oggi Santa Maria del Mar); fu nascosto durante la conquista araba della Spagna nel 713 e ritrovato solo nel 878. Nel 1339, fu collocato in un sarcofago d'alabastro nella cripta della nuova Cattedrale di Sant'Eulalia.

lunedì 11 febbraio 2013

Santo del giorno 11 Febbraio


 SAN PASQUALE I

Pasquale I fu il 98º Papa della Chiesa cattolica,venne elevato al pontificato per acclamazione del clero romano poco dopo la morte di papa Stefano IV, neanche un giorno completo dalla morte del suo predecessore poiché il clero temeva che il tempo favorisse eventuali interferenze da parte dell'imperatore.
Le relazioni tra Pasquale I e l'imperatore non furono mai molto cordiali, così come Pasquale non riuscì mai a conquistarsi le simpatie della nobiltà romana.
Nell'823 Pasquale ricevette Lotario I, figlio di Ludovico il Pio e della sua prima moglie Ermengarda, cui il padre aveva assegnato nell'817 il Regno d'Italia, lo incoronò ungendolo solennemente la domenica di Pasqua e gli consegnò simbolicamente una spada, simbolo di potere di amministrare la giustizia. Questa cerimonia si affermò come diritto del papa di incoronare re ed imperatori e di farlo in Roma. Lotario diede subito esempio di esercizio di potere, accogliendo un'istanza dell'Abbazia di Farfa contro la Curia romana, accusata di essersi indebitamente appropriata di beni dell'Abbazia, ed imponendo la restituzione alla medesima dei beni in questione. La sentenza fu accolta con gran disappunto dal clero romano ma con gioia dalla nobiltà filofranca che interpretò l'evento come un segno di incoraggiamento a ribellarsi all'autorità papale. Fu organizzata una rivolta i cui capi erano il primicerio dei notai romani, Teodoro, già nunzio pontificio presso la corte imperiale nell'821, e suo genero, il nomenclator Leone. La rivolta fu immediatamente repressa ed i due capi accecati e poi decapitati. L'evento scatenò il sospetto, presso l'imperatore, che dietro la decisione di eliminare i due ci fosse stato lo stesso Pasquale ed inviò due commissari a Roma per accertare i fatti. Il papa si proclamò innocente ma si rifiutò di essere sottoposto a giudizio da giudici imperiali, accettando solo di profferire un giuramento solenne con il quale si dichiarava estraneo all'operazione di esecuzione capitale dei due, pur considerandoli personalmente colpevoli e rei di morte. I commissari rientrarono ad Aquisgrana e Ludovico lasciò cadere la cosa. Il popolo di Roma tuttavia, essendo Pasquale deceduto poco dopo, gli rifiutò l'onore della sepoltura all'interno della Basilica di San Pietro ed il suo successore, papa Eugenio II, calmatisi gli animi, lo fece seppellire nella basilica di Santa Prassede.
Tra le sue opere ricordiamo: la basilica di Santa Cecilia in Trastevere, quella di Santa Prassede e la chiesa di Santa Maria in Domnica e fu lui a ritrovare il corpo di santa Cecilia nelle catacombe di San Callisto e farlo esumare nell'omonima chiesa in Trastevere.


venerdì 8 febbraio 2013

Santo del giorno 8 Febbraio

SAN GEROLAMO EMILIANI
Nato a Venezia nel 1486, a dieci anni rimane orfano di padre. Nel 1506 la madre Eleonora Morosini lo presenta controvoglia al sorteggio per ottenere un posto nel Maggior Consiglio di Venezia. La città lagunare è in guerra contro le maggiori potenze europee alleate per frenare il suo grande potere, che, nella Lega di Cambrai, l'attaccano dal nord. La guarnigione di soldati posta a difesa della fortezza di Quero, al cui governo è Girolamo, fugge davanti alla schiacciante superiorità del nemico. Egli stesso guida una disperata resistenza. L'assalto decisivo avviene il mattino del 27 agosto 1511. La sera, Girolamo è fatto prigioniero e rinchiuso nei sotterranei del castello, con ceppi ai piedi e alle mani e al collo una catena fissata a una pesante palla di marmo. In una situazione simile a quella di Ignazio di Loyola, ebbe tempo di meditare a lungo sulla caducità della "potenza" secondo la sola accezione militare: nei giorni passati nella solitudine della prigione si avvicina alla preghiera, trovandosi, secondo la leggenda devozionale, improvvisamente libero.
Terminata la guerra, nel 1516, a Girolamo viene rinnovato l'incarico di governatore a Quero, che terrà fino al 1527: in seguito ritorna a Venezia.
In questo periodo la sua vita subì una svolta radicale: nuove amicizie, recupero della pratica religiosa, lettura e meditazione della Bibbia. Si affidò inoltre alla guida spirituale di un sacerdote, che arriverà ad affermare: «...la dedizione offerta fino allora agli affari della Repubblica, si orienta ora alla riforma dell'anima e ai desideri della patria celeste.»
Nel 1528 in Italia si diffuse una grave carestia che provoca migliaia di vittime. Nella regione veneta la popolazione della terraferma, informata che a Venezia vi erano migliori condizioni, si riversò in massa nella città. Per contribuire ad alleviare tale situazione, aggravata dal diffondersi della peste, Emiliani si unì ai volontari per prestare soccorso alla popolazione. In pochi giorni spese tutto il denaro che possedeva, giungendo fino a vendere indumenti, tappeti, mobili e altre attrezzature di casa, destinando il ricavato a questa opera; fornì cibo, alloggio e sostegno morale ai popolani.
Contagiato dalla peste, con rassegnazione accetta la situazione interpretandola come volontà di Dio e preparandosi alla morte. Inaspettatamente si rimette e torna alle sue attività.
Il 6 febbraio 1531 lascia definitivamente la casa paterna, sostituisce gli indumenti patrizi con un saio grossolano e va a vivere a San Rocco, in un pianterreno d'affitto, con un gruppo di trenta ragazzi di strada cui impartisce istruzione di base e formazione cristiana.
Alla fine del 1536 per la Valle di San Martino si propaga un'epidemia che fa strage fra la popolazione, il 4 febbraio 1537 Gerolamo contrae il morbo e domenica 8 febbraio muore. La leggenda vuole che prima di morire traccia con del liquido color mattone una croce sulla parete per poter contemplare il "mistero" del Crocifisso durante l'agonia. Chiama a sé i suoi orfani per l'ultimo commiato e, con le forze che gli rimangono, lava loro i piedi; agli amici di Somasca raccomanda di non offendere Dio con scostumatezze e bestemmie e in cambio lui dal cielo pregherà perché la grandine non rovini il raccolto. Da qui quello che è considerato il testamento spirituale per i devoti: «Seguite la via del Crocifisso; amatevi gli uni gli altri; servite i poveri!»
Fu dichiarato beato nel 1747 Nel 1928 Pio XI lo proclamò "Patrono universale degli orfani e della gioventù abbandonata", riconoscendogli il merito e l'originalità del servizio reso.

giovedì 7 febbraio 2013

Santo del giorno 7 Febbraio

Massimo di Nola

 Si impegnò per proteggere i suoi fedeli e fu soccorso da San Felice.

 Durante la persecuzione di Decio,Massimo che era il vescovo di Nola, già vecchio e malato, in un primo momento fece di tutto per difendere i cristiani, poi, di fronte all'inasprirsi della persecuzione, affidò la diocesi a san Felice che aveva designato come successore e preferì andare a rifugiarsi in un luogo deserto. Felice fu messo in carcere e torturato perché sacrificasse agli dei pagani, ma un giorno gli apparì un angelo che lo liberò e lo condusse da Massimo, che stava morendo di fame e di sete. Felice raccolse da una vite un grappolo di uva maturato miracolosamente fuori stagione, e con il succo di essa rianimò Massimo, poi se lo caricò sulle spalle, lo riportò in città e lo affidò alle cure di una devota cristiana. Massimo morì serenamente qualche tempo dopo.

lunedì 4 febbraio 2013

DESCRIZIONE GENERALE DEI NUMERI

 


1 Rappresenta l'inizio, il sole che sorge e corrisponde a una personalità forte e individualista. I suoi pregi consistono nel coraggio, nell'indipendenza e nell'amore per la giustizia. I suoi aspetti negativi, possono essere rappresentati dall'egocentrismo e dall'orgoglio. L'Archetipo ad esso correlato è il Guerriero.

2 Rappresenta la luna e corrisponde a una personalità dolce e sensibile. I suoi pregi consistono nella pazienza, nell'umiltà e nella disponibilità. I suoi aspetti negativi, possono essere rappresentati dal pessimismo e dalla dipendenza verso la persona amata. L'Archetipo correlato è il Fanciullo.

3 Rappresenta l'ottimismo e corrisponde a una personalità estrosa, allegra e creativa. I suoi pregi consistono nell'espressività e nella comunicazione. I suoi aspetti negativi, possono essere rappresentati dalla vanità e dalla dispersione. L'Archetipo correlato è il Giullare.

4 Rappresenta il mondo fisico e corrisponde a una personalità stabile e tenace. I suoi pregi consistono nella concretezza e nella capacità di dare struttura ad un progetto. I suoi aspetti
negativi, possono essere rappresentati dalla rigidità e dal distacco emotivo. L'Archetipo correlato è il Costruttore.

5 Rappresenta la curiosità e il mutamento e corrisponde a una personalità versatile e sensuale. I suoi pregi consistono nel fascino personale e nel dinamismo. I suoi aspetti negativi, possono essere rappresentati dall'instabilità e dal nervosismo. L'Archetipo correlato è il Cercatore.

6 Rappresenta il potere dell'amore e corrisponde a una personalità matura e responsabile. I suoi pregi consistono nella creatività e nella disponibilità ad aiutare il prossimo. I suoi aspetti negativi, possono essere rappresentati dalla possessività e dalla presunzione. L'Archetipo correlato è l'Angelo Custode.

7 Rappresenta la sacralità e la saggezza e corrisponde a una personalità selettiva ed introversa. I suoi pregi consistono nell'intuizione e nella ricerca della perfezione. I suoi aspetti negativi, possono essere rappresentati dal dubbio, dalla critica e dalla tendenza ad isolarsi. L'Archetipo correlato è il Saggio.

8 Rappresenta il potere e corrisponde a una personalità ambiziosa ed autorevole. I suoi pregi consistono nel realismo e nella capacità di organizzazione. I suoi aspetti negativi, possono essere rappresentati dal controllo emotivo e dalla tendenza ad abusare della sua autorità. L'Archetipo correlato è il Sovrano.

9 Rappresenta l'universo e corrisponde a una personalità romantica, ispirata ed idealista. I suoi pregi consistono nella generosità e nell'amore incondizionato. I suoi aspetti negativi, possono essere rappresentati dall'iperemotività e dal cinismo, nato dall'essersi confrontato con la cattiveria del mondo. L'Archetipo correlato è il Liberatore.

I numeri maestri 11 e 22 saranno descritti nel capitolo a loro dedicato. Vorrei comunque sottolineare che la loro vibrazione è così elevata e quindi difficile da sostenere, che pochissimi individui incarnano la potenzialità di questi Archetipi. Nella maggioranza dei casi, i numeri 11 e 22 sono da interpretare nella valenza delle loro cifre base, il 2 e il 4.

La Numerologia è un incredibile strumento in grado di decifrare l’uomo, i suoi meccanismi profondi, i suoi cicli personali.