Una affermazione della numerologia avanzata da alcuni praticanti conclude che, dopo osservazioni empiriche e investigazioni, attraverso lo studio dei numeri l'uomo potrà scoprire aspetti segreti di sé stesso e dell'universo.

mercoledì 16 novembre 2016

Santa Geltrude

Buongiorno miei carissimi lettori, chiedo scusa per l'assenza ma c'è stato e c'è ancora tantissimo lavoro da fare!! Come state? State continuando a seguirmi? Spero di si!! Ormai qui è arrivato il lungo inverno, questa mattina ci sono esattamente 5°, ma almeno ce il sole eheheheh! Oggi festeggiamo Santa Geltrude, quindi auguri a tutte le Geltrude, nome molto particolare tra l'altro! Vi auguro una serena giornata...


S. Gertrude nacque ad Eisleben, nella Sassonia, da illustre famiglia.

All'età di cinque anni fu posta nel monastero di Helfta, appartenente all'ordine delle Cistercensi. Questo monastero, fondato dal conte Burchard di Mansfeld nel 1229, era allora diretto dalla badessa Gertrude di Hackeborn, la quale lo governò per lo spazio di circa quarant'anni. Strane confusioni, causate dall'analogia del nome, hanno fatto ritenere la nostra Santa come la badessa del suo monastero. Fin dai primi anni ebbe a maestra S. Matilde, sorella della badessa, la quale trovò in Gertrude una allieva esemplare.

Dotata di grande ingegno, di forte volontà e di una penetrazione straordinaria, Gertrude fece presto presagire grandi cose di sè; la lingua latina le divenne familiare, la teologia mistica, i libri ispirati erano il suo pascolo, sì che sovente i più abili dottori ebbero a stupire della sua vasta erudizione.

Ma questa sua grande passione per gli studi le impedì alquanto la vita di raccoglimento e di preghiera.

Nell'Avvento dell'anno 1281 ebbe una violenta crisi spirituale che determinò la sua conversione, come la chiamò ella stessa. Gertrude si sentiva come isolata nel monastero, senza un'anima cui poter confidare le sue tristezze, senza un appoggio che la sostenesse; perciò si rivolse tutta verso Dio e si sentì attirata da Lui.

Il 27 gennaio dell'anno seguente, la calma ritornò in lei in seguito ad una visione. Le apparve Nostro Signore e le disse: « Presto verrà la tua salvezza », e vidi, dice la santa nelle sue Rivelazioni, quella mano divina prendere la mia in segno di solenne ratifica di quella promessa. Poi Gesù aggiunse: « Tu hai lambito la terra coi miei nemici e hai succhiato il miele aderente alle spine; ritorna a me ed io ti farò buona accoglienza inebriandoti al torrente delle mie gioie divine ».

E Gertrude fu veramente inebriata al torrente delle gioie divine. Ella fu la prima propagatrice della devozione al Sacro Cuore di Gesù. È vero che Santa Margherita Alacoque ricevette da Gesù la missione di far conoscere al mondo l'amore del suo Cuore nel 1674; ma Gertrude aveva ricevuto da Gesù l'ordine di scrivere il libro che rivelava tutto il suo Cuore quattro secoli prima. E il giorno in cui Gertrude finiva quel libro, il Signore apparendole le disse: « Questo libro è mio e lo tengo impresso in fondo al mio Cuore: ivi ciascuna lettera si è imbevuta della mia divinità e chiunque, a mia gloria, lo leggerà con umile divozione, ne ritrarrà frutto per la salute eterna dell'anima sua ».

Nel giorno della festa di S. Martino, 11 novembre, Gesù in visione le disse: « Presto ti toglierò da questa vita ». Il mercoledì di Pasqua dell'anno dopo si sentì chiamare: « Vieni, mia eletta, ed io farò di te il mio trono »; era l'avviso di prepararsi alla morte che avvenne dolcemente poco dopo.

La Santa fu canonizzata nel 1667 e la Chiesa universale ne celebra la festa il 16 novembre.

PRATICA. Sviluppiamo nel nostro cuore la devozione al Cuore Sacratissimo di Gesù e inculchiamola agli altri.

PREGHIERA. Dio, che ti preparasti nel cuore della beata vergine Gertrude una grata abitazione, pei meriti e l'intercessione di lei cancella, benigno, le macchie del nostro cuore, e concedici di godere della sua compagnia.

MARTIROLOGIO ROMANO. Santa Gertrude, Vergine, il cui natale si ricorda il giorno seguente.



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lunedì 31 ottobre 2016

Santa Lucilla di Roma

Buongiorno e buon inizio settimana miei cari lettori! Scusatemi per l'assenza, come state!? Oggi festieggiamo Santa Lucilla! Auguri a tutte le Lucille, vi auguro un buon proseguimento!!





I nome di Lucilla, evidentemente è il diminutivo di Lucia, che a sua volta deriva da « luce ». È dunque un nome già luminoso per se stesso. Lucia, voleva dire precisamente « nata all'alba », come Crepusca, significava « nata al tramonto ». Ma mentre il nome di Crepusca è completamente caduto nell'uso onomastico, quello di Lucia si è sempre più diffuso, forse proprio per quella luce che sembra diffondere sulle donne che lo portano volentieri.

E dopo il nome di Lucia, viene quello graziosissimo di Lucilla, attribuito a molte giovani romane « nate all'alba ».

Anche Santa Lucilla nacque all'alba dell'Era Cristiana, quando chi portava la luce della nuova fede veniva perseguitato da coloro che l'avrebbero voluta spegnere, convertendo il nome di Lucia in quello di Crepusca.

Su Santa Lucilla però non brilla che la luce del suo bellissimo nome. Di lei, Martire, non si sa nulla di preciso, o meglio si sa soltanto quello che la leggenda ha intessuto con fili luminosi, ma puramente fantastici.

Quasi certamente fu lo stesso nome di Lucilla a suggerire la leggenda. Perciò si narra d'un tribuno romano, di nome Nemesio, che avrebbe avuto una figlioletta nata cieca.

Egli avrebbe chiesto per la propria figlia, al Papa Santo Stefano, non la luce fisica degli occhi, ma quella soprannaturale dell'anima, cioè il Battesimo.

Padre e figlia si sarebbero fatti così cristiani. Anzi, il Papa avrebbe consacrato diacono il padre di Lucilla. Ma la luce della piccola cristiana avrebbe brillato poco in terra, e si sarebbe accesa invece in Cielo, dopo il martirio, subito, dal padre e dalla figlia, sotto l'Imperatore Valeriano.

Il Papa Santo Stefano avrebbe fatto sotterrare i due corpi decapitati del padre e della figlia in un luogo segreto, di dove il Papa Sisto II li avrebbe fatti esumare, il 31 ottobre, per dar loro una più degna sepoltura, lungo la via Appia.

La festa di oggi ricorderebbe dunque non il martirio di Nemesio e di Lucilla, ma la traslazione delle loro reliquie.

Dalla via Appia, i corpi dei due Martiri furono poi nuovamente esumati da Gregorio IV e sepolti, con grande onore, nella diaconia di Santa Maria Nuova, insieme con altri Martiri romani.

Anche queste ripetute traslazioni sembrano avere un significato simbolico. La piccola Lucia, cioè Lucilla, nata cieca e illuminata dalla fede, sarebbe stata più volte riportata alla luce del mondo, perché la scintilla della sua santità segnasse l'itinerario trionfale del Cristianesimo: « nato all'alba », tenuto da prima nascosto, poi avviatosi lungo le vie consolari,
e finalmente affermatosi sulla terra, con le sue Chiese, diventate tante fiaccole di carità, accese sul mondo pagano, ormai condannato al crepuscolo.


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martedì 18 ottobre 2016

San Luca Evangelista

Buongiorno a tutti cari lettori! Passato bene il weekend?! Qui ovviamente piove.... Oggi celebriamo San Luca Evangelista, quindi auguri a tutti i Luca! Vi auguro una serena giornata



L'Evangelista S. Luca nacque in Antiochia di Siria, dà genitori pagani. Imparò la scienza medica e, allo scopo di perfezionare le sue cognizioni, intraprese diversi viaggi nella Grecia e nell'Egitto. Si portò poi a Troade per esercitarvi la sua professione: ma qui il Signore l'attendeva per un'altra missione più grande. Essendo passato di là l'apostolo Paolo a predicare il S. Vangelo, Luca, conquistato dalla verità, volle seguirlo nel sacro ministero e gli fu compagno fedelissimo fino alla morte.

Verso il 60, mentre S. Paolo si trovava prigioniero a Cesarea, Luca scrisse, per divina ispirazione, il terzo Vangelo in lingua greca, che si distingue per la sua chiarezza ed eleganza.

Questo Vangelo è dedicato a Teofilo, che era un famoso cristiano di Antiochia, ma nello stesso tempo è indirizzato a tutti i Cristiani e a tutti quelli che vogliono salvarsi, siano essi ebrei o pagani: il regno di Dio è aperto a tutti. Egli voleva dimostrare la bontà e la misericordia di Dio, e perciò racconta gli episodi e le parabole più commoventi.

Eloquentissime sono le parabole del buon samaritano, della pecorella smarrita, del fariseo e del pubblicano, di Zaccheo e del figliuol prodigo, che ci manifestano l'infinita misericordia di un Dio morto per noi sulla croce e che perdona agli stessi suoi crocifissori: « Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno ».

Il santo evangelista si diede anche alla predicazione ed evangelizzò la Macedonia, la Dalmazia, l'Italia e la Gallia. Durante la prigionia di S. Paolo in Roma scrisse gli « Atti degli Apostoli » in cui narra la storia dei primi anni della Chiesa e particolarmente i viaggi di S. Paolo. Ma la tradizione ci dice che S. Luca, oltre che medico, era pure pittore. Devotissimo della Madonna, è tra gli Evangelisti quello che ne parla più diffusamente. Non può non averla vista, non averle parlato: lo dimostrano anche le belle immagini della Vergine che ci furono tramandate sotto il suo nome.

Mori nella Bitinia, all'età di 84 anni. Le sue venerate spoglie vennero deposte nella città di Costantinopoli, assieme a quelle di S. Andrea, nella basilica dedicata ai dodici Apostoli. Giunsero poi a Padova, dove tuttora si trovano nella Basilica di Santa Giustina.

S. Paolo lo chiama « medico carissimo » e « fratello, la cui Mele è nel Vangelo ».

Il suo simbolo è un toro alato, perché il primo personaggio che introduce nel suo Vangelo è il padre di Giovanni Battista, Zaccaria, sacerdote del tempio e responsabile del sacrificio di tori.

PRATICA Il Vangelo sia la regola della nostra vita.

PREGHIERA. Deh! Signore, interceda per noi il tuo evangelista S. Luca, il quale ad onor del tuo nome portò continuamente nel suo corpo la mortificazione della croce.

venerdì 14 ottobre 2016

San Callisto I - Papa

Buongiorno miei cari lettori! Oh finalmente è arrivato il weekend, anche se fa freddino! Beh, ieri sera avete seguito la diretta? Oggi celebriamo un grande Papa e Santo: San Callisto I!




Il nome di questo grande Papa è celebre per il cimitero che da lui prende il nome. Sulla porta d'ingresso sta scritto: « Chi entra in questo cimitero contrito e confessato, otterrà la remissione dei peccati per i meriti di centosettantamila martiri qui sepolti con 46 Papi morti per Gesù Cristo ».

Il suo nome, che deriva dal greco, significa « bellissimo » e ben gli conveniva per le sue rare doti e per le belle opere che seppe compiere. Romano, di famiglia patrizia, egli nacque in Trastevere nel luogo detto « Urbs Ravennatum », quartiere dei « Ravennati », perchè ivi avevano avuto la loro dimora marinai e militari che l'imperatore Augusto richiamò a Roma dalla città di Ravenna. S. Callisto successe a S. Zeffirino sulla cattedra di S. Pietro l'anno 220 e resse la Chiesa per cinque anni e due mesi.

Oltre le catacombe da lui abbellite ed ingrandite, altre tre opere resero glorioso il suo pontificato: la basilica di S. Maria in Trastevere, il digiuno stabilito nelle Quattro Tempora ed il luminoso suo martirio.

Si racconta che a Roma, in Trastevere, in un giorno di Natale sia prodigiosamente scaturita una fonte d'olio che zampillò per un giorno intero. Per tale fatto ivi si radunavano numerosi i Cristiani per celebrare i santi misteri. Ma molti osti, approfittando di questi raduni, pensarono di aprirvi bettole, onde i Cristiani erano continuamente disturbati. Morto l'imperatore Eliogabalo e succedutogli Alessandro Severo, sembrò opportuno ai Cristiani ricorrere a lui dopo aver pregato inutilmente quegli osti di togliere le loro bettole. Gli esercenti fecero anch'essi ricorso, ma l'imperatore, esaminata attentamente la questione, disse: « Qual'è quel Dio che colà volete adorare? ». Gli fu risposto: « Il Dio dei Cristiani ». « Certo, soggiunse l'imperatore, è meglio che quel luogo sia destinato al culto di qualsiasi Dio, che dato in potere degli osti ». E questi ultimi dovettero ritirarsi e lasciar liberi i Cristiani. A tale notizia S. Callisto provò tanta gioia che, per gratitudine a Dio, volle erigere in quel luogo la prima chiesa ad onore della Gran Madre di Dio.

A S. Callisto si attribuisce la proibizione del matrimonio tra i consanguinei; confermò le Quattro Tempora, e convertì il console Palma() e i due senatori Felice e Simplicio. Questa sua attività gli attirò l'odio dei pretoriani che lo uccisero gettandolo in una cisterna. I Cristiani ne presero il corpo e lo seppellirono sotto l'altare di S. Maria in Trastevere.

PRATICA. impariamo da questo grande Papa a suffragare ed a rispettare i poveri morti.

PREGHIERA. O Dio, che ci allieti con l'annua solennità del tuo beato martire e Pontefice Callisto, concedici propizio che come ne celebriamo la festa così usufruiamo della sua protezione. 



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mercoledì 12 ottobre 2016

San Serafino da Montegranaro

Buongiorno amati lettori!! Come state? Oggi bellissima giornata di sole, un pò freddina ma almeno non piove!! Oggi è San Serafino quindi auguri a tutti i Serafino!!!




Figlio di contadini, Serafino nacque a Montegranaro nelle Marche nel 1540. Non ebbe possibilità di studiare dovendo, per vivere, condurre al pascolo il gregge di un contadino. Morto il padre, assieme al fratello maggiore, andò a lavorare in un cantiere di Loro Piceno. Serafino, attratto dalla voglia di imparare, divenne amico della figlia dell'impresario, avendola udita leggere ad alta voce.

Fu proprio la ragazza ad avvicinarlo al locale convento dei francescani cappuccini, dove il giovane chiese poi di essere accolto. Fatto il noviziato a Jesi, venne inviato ad Ascoli Piceno, dove trascorse quasi tutta la vita adattandosi ai lavori più umili in casa e nell'orto. Il suo motto era «La via per andare in su è quella di scendere in giù». Semianalfabeta e un tantino maldestro, ebbe però il dono di saper dialogare con la gente, trovando per tutti la parola giusta, condita dalla sapienza divina che gli veniva dalla frequente orazione. Non solo, ma anche quello di far fruttar l'orto in modo quasi... sospetto: il suo lavoro seppure assiduo, non giustificava tanta messe: attorno c'era aria di miracolo...

Ascoli, che ormai lo amava come padre e amico, pianse a lungo la sua morte, che avvenne all'età di sessantaquattro anni, nel 1604. La voce del popolo che lo voleva santo giunse anche all'orecchio di Paolo V, il quale autorizzò l'accensione di una lampada votiva davanti alla sua tomba, prima ancora che fosse ufficialmente riconosciuto santo.



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giovedì 6 ottobre 2016

San Bruno (Brunone)

Buongiorno miei carissimi lettori! Come state? Questa sera vi ricordo che andrà in onda la trasmissione, ore 23:30 su TeleMax, non perdetevela !!! Oggi è San Bruno, quindi augurissimi a tutti i Bruno, vi auguro un buon proseguimento di giornata!


S. Brunone nacque da nobile famiglia verso l'anno 1035 nella città di Colonia. Frequentò la scuola presso la chiesa di S. Cuniberto, facendo rapidi progressi nella scienza e nella pietà, tanto che S. Annone, vescovo della città, lo elesse canonico della sua chiesa.

Terminò poi gli studi a Reims, dove ebbe fama di ottimo poeta, eccellentissimo filosofo e teologo, per cui i suoi contemporanei lo riguardavano come uno dei più illustri allievi della scuola di Reims. Quivi rimase molto tempo come insegnante e dimostrò la sua grande santità e il suo straordinario sapere. Non pochi dei suoi discepoli si resero celebri, fra i quali il Papa Urbano II.

Verso il 1067 morì l'Arcivescovo di Reims, di cui egli era il più valido sostegno, ma gli successe a furia di subdoli maneggi Manasse I, il quale tenne un governo non buono, tanto che la S. Sede fu costretta a dimetterlo dalla cattedra episcopale. S. Brunone, suo cancelliere, non poteva soffrire gli abusi di cui. era testimonio e fu costretto ad essere uno dei principali accusatori. Il Legato Pontificio che depose Manasse fu così tocco dalla saggezza e virtù di Brunone, che ne fece un bell'elogio in una lettera al Papa, e lo proponeva come il più degno della prelatura.

Mentre i superiori gli stavano preparando la carica, egli si ritirò in una casa di campagna, ove decise di abbandonare il mondo. Avendo poi comunicati i suoi desideri ad alcuni amici, stabilirono tutti assieme di abbandonare i beni transitori di questa vita e di abbracciare lo stato religioso. Si presentarono pertanto ad Ugo, vescovo di Grenoble, il quale li accolse affettuosamente, e dopo averne elogiato il desiderio, assegnò loro il deserto della Certosa, ove S. Brunone fondò l'ordine dei Certosini.

Passati appena sei anni dacché S. Brunone governava quella comunità, il Pontefice Urbano II, già suo discepolo a Reims, l'obbligava a portarsi a Roma.

L'umile religioso non era mai stato sottoposto a tanta prova; il dover lasciar la solitudine era per lui il più penoso di tutti i sacrifici. Egli non trovò nella corte di Roma quelle dolcezze che aveva gustato nella solitudine, e di più temeva quelle distrazioni mondane, D'altronde il rapa gli era cosi affezionato che non poteva rimanere senza di lui, e lo incitava al accettare l'Arcivescovado di Reggio Calabria. Finalmente le istanze di Brunone furono così vive che il sommo pontefice gli permise di ritirarsi in un deserto della Calabria, confermando Landuino priore della Certosa. Il Santo, raccolti discepoli italiani, si ritirò in un deserto della diocesi di Squillace, riprendendo gli esercizi della vita solitaria con maggior gioia e fervore. In quella solitudine fu scoperto dal conte Ruggero che lo aiutò a costruire la nuova Certosa.

S. Brunone ci lasciò, oltre alle lettere, i commenti sopra il Salterio, sopra le Epistole di S. Paolo ed una elegia in 14 versi sul disprezzo del mondo. Nel settembre del 1101 se ne volò al cielo per ricevere la ricompensa delle sue virtù e delle sue fatiche.

PRATICA. « Provate e vedrete quanto sia dolce servire il Signore con tutto l'affetto dell'anima » (S. Brunone).

PREGHIERA. O Signore, per intercessione di San Brunone confessore, concedici il perdono dei nostri peccati, e liberaci dai mali presenti e futuri. 



 
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martedì 4 ottobre 2016

San Francesco d'Assisi

Buongiorno a tutti miei carissimi lettori! Oggi è San Francesco d'Assisi, quindi auguri a tutti i Francesco e le Francesca!! Vi auguro una buona giornata

S. Francesco nacque ad Assisi l'anno 1182 da Pietro Bernardone e da madonna Pica, ricchi commercianti. La sua nascita fu circondata da avvenimenti misteriosi: un mendicante, presentatosi a madonna Giovanna Pica, pochi giorni prima della nascita di Francesco, le disse: « Fra queste mura spunterà presto un sole... »; il giorno stesso della nascita, essendo la madre oltremodo accasciata per i dolori del parto, un altro pellegrino le disse: « Tutto andrà bene, purchè la madre sia condotta nella stalla », e così avvenne. Un altro giorno fu udito pér le vie di Assisi un romito che gridava: « Pace e bene, pace e bene! » il futuro motto di Francesco. La dolce madonna Pica taceva e pregava, pensando: cosa mai sarà di questo fanciullo così prediletto da Dio?

  Intanto Francesco cresceva vivace, allegro, amante delle spensierate brigate, delle laute cene, dei suoni e dei canti. Siccome gli affari andavano bene, il padre lo avviò alla mercatura. Di ingegno vivace, riusciva a meraviglia; combattè anche contro Perugia e sostenne lunga prigionia.

  La grazia di Dio intanto lavorava. Un giorno gli amici, vedendolo assorto, gli domandarono: « Pensi a prendere moglie? ». « Sì, rispose Francesco, e sposerò la donna più bella e più amabile del mondo ». Si riferiva a « madonna povertà »! Una mattina, è colpito, in una chiesetta di campagna, da un brano del Vangelo, che dice: "Non tenere né oro né argento né altra moneta; non borse, non sacchi, non due vesti, non scarpe, non bastone". Si spogliò di tutto, diede quanto aveva in elemosina, e a suo padre che l'aveva citato davanti al Vescovo, diceva rendendogli anche i vestiti: « Finora ho chiamato Pietro di Bernardone mio padre, d'ora in poi a maggior ragione dirò: Padre mio che sei nei cieli ». Esce all'aperto e, immediatamente. mette in pratica il consiglio evangelico. Si scalza, s'infila una tunica contadinesca, getta la cintura di cuoio e al suo posto s'annoda sui fianchi una corda. (La cintura di cuoio era nel medioevo la parte più importante dell'abito, tanto importante che Dante. quando vorrà lodare la rude semplicità dei vecchi fiorentini, li dirà "cinti di cuoio e d'osso")

  Da quel giorno l'eroismo di Francesco non ebbe più limiti: i poveri, i lebbrosi, gli ammalati di ogni specie furono la sua parte életta. Fu trattato da pazzo, percosso, vilipeso, maledetto, ed egli ricambiava tutto con preghiere, carità, amore. Ai suoi seguaci che volle chiamare « Frati Minori » insegnava il lavoro, l'elemosina, la preghiera e la povertà più assoluta.

  Dove passò portò la benedizione di Dio: la pace fra le fazioni e l'amore fra i nemici: convertì peccatori, salvò miserabili, protesse oppressi.


San Francesco


I tre voti francescani, obbedienza, povertà e castità, non erano pesi che il figlio di Pietro Bernardone prendeva sulle sue grame spalle e che imponeva ai compagni d'avventura. Al contrario, quei voti rendevano lui e i suoi seguaci più presti e leggeri. L'obbedienza scioglieva da ogni dubbio; la povertà liberava da ogni cupidigia; la castità sollevava da ogni impegno carnale. I vizi contrari a quei voti, cioè la superbia, l'avarizia e la lussuria, erano tre mostruose fibbie, che imbrigliavano l'uomo mondano.

  Benedetto dal papa, estese ovunque ed a tutti la sua opera; istituì le Clarisse; fondò e diffuse il Terz'Ordine. Andò fra i Turchi: mandò apostoli dappertutto a portare «pace e bene ». Alla Verna, Dio impresse sul suo servo fedele il segno del suo amore: le sacre stimmate.

  Compose laudi in onore del suo Dio perchè esclamava: « L'amore non è amato, l'amore non è amato! ». Morì, benedicendo i suoi figliuoli e la sua cara città di Assisi, il 4 ottobre 1226.

  Fu chiamato il più santo degli Italiani, e il più Italiano dei santi; assieme a S. Caterina da Siena è il grande protettore della nostra amata patria.

PRATICA. Ad onore di S. Francesco facciamo oggi una mortificazione ed una elemosina.

PREGHIERA. O Dio, che per i meriti di S. Francesco accrescesti la tua Chiesa di una nuova famiglia, concedici di disprezzare a suo esempio le cose terrene, e di poter partecipare alla gioia dei doni celesti.

MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Assisi, in Umbria, il natale di San Francésco, Levita e Confessore. Fondatore di tre Ordini, cioè dei Frati Minori, delle Povere Donne, e dei Fratelli e delle Sorelle della Penitenza. La sua vita, piena di santità e di miracoli, fu scritta da san Bonaventura.

San Francesco e il Natale

  La natura fantastica del "giullare di Dio" e insieme la sua intuizione didattica si manifestarono specialmente nella più poetica rappresentazione ideata in un bosco, cioè nel Presepio di Greccio.

  Per Francesco il Natale era la festa delle feste, appunto perché Dio stesso, con la sua adorabile incarnazione, scendeva in terra, e si faceva fratello degli uomini. Frate, non monaco. L'eterno entrava nel tempo; l'immobile diventava viandante. Dal Natale in poi, tutte le strade sarebbero state come quella d'Emmaus.

  Il santo dell'umiltà si commuoveva all'idea dell'infinita umiliazione di Dio che si fa uomo. Il santo della povertà piangeva al pensiero dell'estrema indigenza di Gesù, nato in una stalla. E finalmente, il santo della perfetta letizia si rallegrava al ricordo dell'Alleluia celeste.

  Il Natale era dunque la festa più francescana dell'anno liturgico. Vi si celebrava l'umiltà, la povertà e l'innocenza. I tre voti francescani brillavano, con meraviglioso fulgore, nel cielo natalizio.

  "Se io potessi parlare all'imperatore," diceva Francesco "vorrei pregarlo di emanare un comando generale, perché tutti coloro che lo possono, spargano per le vie frumento e granaglie nel giorno di Natale, sicché in quel giorno di tanta solennità gli uccelli abbiano cibo in abbondanza". Anche questo sarebbe stato un modo di rendere evidente la gioia natalizia, comunicandola, attraverso il cibo, anche agli abitanti dell'aria.

  Un anno, il Natale cadeva di venerdì e fra' Monco, il cuciniere, fu in dubbio se fare, in quel giorno, di grasso o di magro. "Faresti peccato, o fratello" gli gridò Francesco "chiamando venerdì il giorno in cui è nato Gesù. Vorrei che in un giorno come questo mangiassero carne anche le pareti e, non potendo, ne fossero almeno unte di fuori!"

  Soltanto la fantasia d'un uomo sobrio e continente come lui poteva immaginare qualcosa di simile.

  Nell'inverno del 1223 ebbe finalmente l'idea della prima sacra rappresentazione. Mandò a chiamare il signore di Greccio, Giovanni Velita, e gli disse: "È mio pensiero rievocare al vivo la memoria di quel Bambino celeste che è nato laggiù in Betlem, e suscitare davanti al suo sguardo e al mio cuore gl'incomodi delle sue infantili necessità: vederlo proprio giacere su poca paglia, reclinato in un presepio, riscaldato dal fiato di un bue e di un asinello".

  Così, la notte di Natale del 1223, nel bosco di Greccio, avvenne la prima rappresentazione natalizia inventata da San Francesco: il Presepio.

  Un sacerdote celebrò la Messa di mezzanotte sopra una mangiatoia. San Francesco, non essendo sacerdote, ma soltanto diacono, cantò il Vangelo della Nascita, e lo spiegò al popolo, accorso nel bosco di Greccio con fiaccole accese.

  Chiamava Gesù " il bambino di Betlem ", e nel pronunziare queste parole — narra il suo primo biografo — sembrava una pecora che belasse "talmente la sua bocca era ripiena, non tanto di voce, quanto di dolce affetto". "E nominando il Bambino di Betlem, oppure dicendo Gesù, lambivasi con la lingua le labbra, quasi a gustare e deglutire la dolcezza di quel nome."

San Francesco Presepe


San Francesco e gli animali

San Francesco chiamava gli animali «i nostri fratelli più piccoli». Per loro aveva le attenzioni più delicate. Voleva scrivere a Federico II perché con
un editto stabilisse che a Natale le strade fossero cosparse di granaglie e di grano per gli uccelli: anch'essi dovevano gioire per la nascita del Redentore. Perché non fossero calpestati, scansava dai sentieri i vermi. A Sant'Angelo in Pantanelli, presso Orvieto, viene mostrato tuttora uno scoglio sul Tevere, dal quale avrebbe gettato nel fiume dei pesci che gli erano stati regalati.

Un giorno S.Francesco andò alla elemosina assieme a frate Massèo e i due si imbatterono in un uomo che portava al mercato due agnelli da vendere, legati, belanti e penzolanti dalla spalle.

All’udire quei belati, il servo di Dio, vivamente commosso, si accostò, accarezzandoli, come suol fare una madre con i figlioletti che piangono, con tanta compassione e disse al padrone: “Perché tormenti i miei fratelli agnelli, tenendoli così legati e penzolanti?”. Rispose: “Li porto al mercato e li vendo: ho bisogno di denaro”.

E Francesco: “Che ne avverrà?”. E quello: “I compratori li uccideranno e li mangeranno».

Nell’udire questo il santo esclamò: «Non sia mai! Prendi come compenso il mio mantello e dammi gli agnelli». Quell’uomo fu ben felice di un simile baratto, perché il mantello, che Francesco aveva ricevuto a prestito da un uomo proprio quel giorno per ripararsi dal freddo, valeva molto di più delle bestiole.

Infatti ogni creatura dice: Dio mi ha creato per te, o uomo! Noi che siamo vissuti con lui, lo vedevamo rallegrarsi interiormente ed esteriormente di quasi tutte le creature, così che, toccandole o mirandole, il suo spirito sembrava essere in cielo, non in terra. E per le grandi gioie che aveva ricevuto e riceveva dalle creature, egli compose, poco prima della sua morte, alcune Lodi del Signore per le sue creature, per incitare alla lode di Dio i cuori di coloro che le udissero, e così il Signore fosse lodato dagli uomini nelle sue creature»

Dai "Fioretti" di San Francesco
  Come Santo Francesco convertì tre ladroni micidiali, e fecionsi frati; e della nobilissima visione che vide l'uno di loro,il quale fu santissimo frate.

  Santo Francesco andò una volta per lo distretto del Borgo a Santo Sipolcro, e passando per uno castello che si chiama Monte Casale, venne a lui uno giovane nobile e molto dilicato, e dissegli: "Padre, io vorrei molto volentieri essere de' vostri frati". Rispuose Santo Francesco: "Figliuolo, tu se' giovane, dilicato e nobile: forse che tu non potresti sostenere la povertà e l'asprezza nostra". Ed egli: "Padre, non sete voi uomini come io? dunque, come la sostenete voi, così potrò io colla grazia di Cristo". Piacque molto a Santo Francesco quella risposta; di che benedicendolo, immantanente Io ricevette all'ordine e puosegli nome frate Agnolo. E portassi questo giovane sì graziosamente che ivi a poco tempo santo Francesco il fece guardiano nel luogo detto di Monte Casale.

In quello tempo usavano nella contrada tre nominati ladroni, i quali faceano molti mali nella contrada; i quali vennono un dì al detto luogo de' frati e pregavano il detto frate Agnolo guardiano che desse loro mangiare. Il guardiano ríspuose loro in questo modo, riprendendogli aspramente: "Voi, ladroni e crudeli omicidi, non vi vergognate di rubare le fatiche altrui, ma eziandio, come presuntuosi e sfacciati, volete divorare le limosíne che sono mandate alli servi di Dio; che non siete pur degni che la terra vi sostenga; però che voi non avete nessuna reverenzia né a uomini né a Dio che vi creò: andate dunque per li fatti vostri e qui non apparite più". Di che coloro turbati si partirono con grande sdegno. Ed ecco Santo Francesco tornare di fuori colla tasca del pane e con uno vasello di vino ch'egli e 'l compagno avea accattato: e recitandogli il guardiano come egli avea cacciato coloro, Santo Francesco forte lo riprese dicendogli: "Tu ti se' portato crudelmente; imperò che li peccatori meglio si riducono a Dio con dolcezza che con crudeli riprensioni: onde il nostro maestro Gesù Cristo, il cui evangelio noi abbiamo promesso d'osservare, dice che non è bisogno a' sani il medico, ma agli infermi; e che non era venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a penitenzia; e però egli ispesse volte mangiava con loro. Con ciò sia cosa adunque che tu abbi fatto contra alla carità e contra al santo evangelio di Cristo, io ti comando per santa obbedienza che immantanente tu prenda questa tasca del pane ch'io ho accattato e questo vasello del vino, e va loro dietro sollecitamente per monti e per valli tanto che tu li truovi e presenta loro tutto questo pane e questo vino da mia parte; e poi t'inginocchia loro dinanzi e di' loro umilmente tua colpa della tua crudeltà; e poi li priega da mia parte che non facciano più male. ma temano Iddio, e non offendano il prossimo: e s'egli faranno questo, io prometto loro di provvederli nelli loro bisogni e di dar loro continuamente da mangiare e da bere. E quando tu arai detto loro questo umilmente, ritórnati qua".

  Mentre che il detto guardiano andò a fare il comandamento di Santo Francesco. egli si puose in orazione e pregava Iddio che ammorbidasse i cuori di quei ladroni e convertisseli a penitenzia. Giunse a loro l'ubbidiente guardiano e presentò loro il pane e 'l vino; e fa e dice ciò che Santo Francesco gli ha imposto. E come piacque a Dio. mangiando questi ladroni la limosina di Santo Francesco, cominciarono a dire insieme: "Guai a noi, miseri isventurati! come dure pene dello inferno ci aspettano, i quali andiamo non solamente rubando i prossimi e battendo e ferendo, ma eziandio uccidendo! e niente di meno di tanti mali e di così scellerate cose, come noi facciamo, noi non abbiamo niuno rimordimento di coscienza né timore di Dio. Ed ecco questo frate santo che è venuto a noi, e per parecchie parole ch'egli ci disse giustamente per la nostra malizia, ci ha detto umilmente sua colpa; e oltre a ciò ci ha recato il pane e lo vino e così liberale promessa del Santo Padre. Veramente questi frati sono santi di Dio, i quali meritano paradiso, e noi siamo figliuoli della eternale dannazione, li quali meritiamo le pene dello inferno e ogni dì accresciamo la nostra perdizione, e non sappiamo se de' peccati che noi abbiamo fatti insino a qui noi potremo trovare misericordia da Dio". Queste e simiglianti parole dicendo l'uno di loro. dissono gli altri due: "Per certo tu di' il vero: ma, ecco, che dobbiamo noi fare?" "Andiamo" disse costui "a Santo Francesco; e s'egli ci dà speranza che noi possiamo trovare misericordia da Dio de' nostri peccati, facciamo ciò che egli ci comanda, e possiamo liberare le nostre anime dalle pene dello inferno." Piacque questo consiglio agli altri: e così tutti e tre accordati se ne vennono in fretta a Santo Francesco e dissongli così: «Padre, noi per molti scellerati peccati che noi abbiamo fatti non crediamo potere trovare misericordia da Dio: ma se tu hai niuna isperanza che Iddio ci riceva a misericordia, ecco, noi siamo apparecchiati a fare ciò che tu ci dirai e fare penitenzia con teco". Allora Santo Francesco, ricevendogli caritativamente e con benignità, sì gli confortò con molti esempli; e rendendoli certi della misericordia di Dio. promise loro di certo d'accattarla loro da Dio, mostrando loro come la misericordia di Dio è infinita: "e se noi avessimo infiniti peccati, ancora la divina misericordia è maggiore, ché, secondo il vangelio e lo apostolo Santo Paulo, Cristo benedetto venne in questo mondo per ricomperare i peccatori". Per le quali parole e simiglianti ammaestramenti li detti tre ladroni renunziarono al demonio e alle sue operazioni, e Santo Francesco li ricevette all'ordine, e cominciarono a fare grande penitenzia; e due di loro poco vissono dopo la loro conversione e andaronsi a paradiso.

Ma il terzo, sopravvivendo e ripensando i suoi peccati, si diede a fare tale penitenzia che per quindici anni continui, eccetto le quaresime comuni le quali egli facea con gli altri frati, d'altro tempo sempre tre dì della settimana digiunava in pane e in acqua. e andando sempre iscalzo e con una sola tonica indosso, mai non dormia dopo mattutino. Infra questo tempo Santo Francesco passò di questa misera vita. Avendo dunque costui per molti anni continuata questa penitenzia, eccoti che una notte, dopo mattutino, gli venne tanta tentazione di sonno che per niuno modo poteva resistere al sonno e vegghiare come solea. Finalmente, non potendo egli resistere al sonno né orare, andossene in sul letto per dormire: e subito come egli ebbe posto giù il capo, e' fu ratto e menato in ispirito in su uno monte altissimo al quale era una ripa profondissima, e di qua e di là sassi spezzati e ischeggiosi e iscogli disuguali che uscivano fuori de' sassi: dì che infra questa ripa era pauroso aspetto a riguardare. E l'agnolo che menava questo frate sì lo sospinse e gittollo giù per quella ripa: il quale trabalzando e percotendosi di scoglio in iscoglio e di sasso in sasso, alla perfine giunse al fondo di questa ripa tutto smembrato e minuzzato, secondo che a lui pareva: e giacendosi così male acconcio in terra, disse colui che 'l menava: "Leva su, ché ti conviene fare ancora maggiore viaggio". Risponde il frate: "Tu mi pari molto indiscreto e crudele uomo, che mi vedi per morire della caduta che m'ha così spezzato, e dimmi 'leva su'". E l'agnolo s'accosta a lui, e toccandolo gli salda perfettamente tutti li membri, e sanalo. E poi gli mostra una grande pianura piena di pietre aguzzate e taglienti e di spine e di triboli, e dicegli che per tutto questo piano gli conviene passare a piedi ignudi insino che giunga al fine; nel quale e' vedea una fornace ardente nella quale gli convenia entrare. Ed aviendo il frate passata tutta quella pianura con grande angoscia e pena, l'agnolo gli dice: "Entra in questa fornace, però che così ti conviene fare". Risponde costui: "Oimè, quanto mi se' crudele guidatore, che mi vedi esser presso che morto per questa angosciosa pianura, e ora per riposo mi di' che io entri in questa fornace ardente!" E ragguardando costui, e' vide intorno alla fornace molti demoni colle forche di ferro in mano, colle quali costui, perché indugiava d'entrare, sì lo sospinsono dentro subitamente. Entrato che egli fu nella fornace, ragguarda e videvi uno ch'era istato suo compagno, il quale ardeva tutto quanto. E costui il domanda: "O compare isventurato, come venisti tu qua?" Ed egli risponde: "Va un poco più innanzi e troverai la moglie mia, tua comare, la quale ti dirà la cagione della nostra dannazione". Andando il frate più oltre, eccoti apparire la detta comare tutta affocata, rinchiusa in una misura dì grano tutta di fuoco; ed egli la domanda: "O comare isventurata e misera, perché venisti tu in così crudele tormento?" Ed ella rispuose: "Imperò che al tempo della grande fame. la quale Santo Francesco predisse dinanzi, il marito mio ed io falsavamo il grano e la biada che noi vendevamo nella misura. e però io ardo istretta in questa misura. E dette queste parole, l'agnolo che menava questo frate silo sospinse fuori della fornace e poi gli disse: Apparecchiati a fare uno orribile viaggio. il quale tu hai a passare. E costui rammaricandosi diceva: "O durissimo conducitore, il quale non m'hai nessuna compassione; tu vedi ch'io sono quasi tutto arso in questa fornace e anche mi vuoi menare in viaggio pericoloso e orribile". Allora l'agnolo il toccò e fecelo sano e forte: e poi il menò a uno ponte il quale non si potea passare senza grande pericolo; imperò ch'egli era molto sottile e stretto e molto isdrucciolente e senza sponde d'allato, e di sotto passava un fiume terribile, pieno di serpenti e di dragoni e scarpioni, e Ottava uno grandissimo puzzo. E l'agnolo gli disse: "Passa questo ponte, ché al tutto te lo conviene passare". Risponde costui: "E come lo potrò io passare, ch'io non caggia in quello pericoloso fiume?" Dice l'agnolo: "Vieni dopo me e poni il tuo pie' dove tu vedrai ch'io porrò il mio, e così passerai bene". Passa questo frate dietro all'agnolo, come gli aveva insegnato, tanto che giunse a mezzo il ponte; e essendo così sul mezzo, l'agnolo si volò via e, partendosi da lui, se ne andò in su uno monte altissimo di là assai dal ponte. E costui considera bene il luogo dove era volato l'agnolo; ma rimanendo egli sanza guidatore e riguardando giù, vedea quegli animali tanto terribili stare con li capi fuori dall'acqua e colle bocche aperte. apparecchiati a divorarlo s'egli cadesse: ed era in tanto tremore che per niuno modo non sapea che si fare né che si dire; però che non potea tornare addietro né andare innanzi. Onde veggendosi in tanta tribolazione e che non avea altro rifugio che solo Iddio, sì s'inchinò e abbracciò il ponte con tutto il cuore e con lagrime si raccomandava a Dio che per la sua santissima misericordia il dovesse soccorrere. E fatta l'orazione, gli parve cominciare a mettere ale: di che egli con grande allegrezza aspettava ch'elle crescessono per potere volare di là dal ponte, dov'era volato l'agnolo. Ma dopo alcuno tempo, per la grande voglia ch'egli avea di passare questo ponte, si mise a volare; e perché l'ale non gli erano tanto cresciute, egli cadde in sul ponte e le penne gli caddono : di che costui da capo abbraccia il ponte. come in prima, e raccomandasi a Dio. E fatta l'orazione, anche gli parve mettere aie; ma come prima non aspettò ch'elle crescessono perfettamente: onde, mettendosi a volare anzi tempo, ricadde da capo in sul ponte e le penne gli caddono. Per la qual cosa veggendo che per la fretta ch'egli avea di volare anzi tempo cadea, così incominciò a dire fra se medesimo: "Per certo, se io metto aie la terza volta, io aspetterò tanto ch'elle saranno sì grandi che io potrò volare senza ricadere".

E stando in questo pensiere. egL s: vide la terza volta mettere le ale: aspetta grande tempo, tanto ch.elie erano bene grandi, e parevagli. per lo primo e secondo e terzo mettere d'ale, avere aspettato bene cento cinquanta anni o più. Alla perfine si lieva questa terza volta con tutto il suo sforzo a vòlito, e volò in alto insino al luogo ov'era volato l'agnolo; e. bussando alla porta del palagio nel quale egli era, il portinaio il domandò: "Chi se' tu che se' venuto qua?" Risponde quello: "Io sono frate minore. Dice il portinaio: "Aspettami, ch'io ci voglio menare Santo Francesco a vedere se ti cognosce". Andando colui per Santo Francesco, questi comincia a sguardare le mura maravigliose di questo palagio; ed eccoti queste mura pareano tralucenti di tanta chiarità • vedea chiaramente i cori de' santi e ciò che dentro vi si faceva. E stando costui stupefatto in questo ragguardare, ecco venire Santo Francesco e frate Bernardo e frate Egidio, e dopo Santo Francesco tanta moltitudine di santi e di sante, che aveano seguita la vita sua, che quasi pareano innumerabili.Giugnendo Santo Francesco, disse al portinaia: " Lascialo entrare, imperò ch'egli è de' miei frati". Sì tosto com'e' fu entrato, e' sentì tanta consolazione e tanta dolcezza, che egli dimenticò tutte le tribolazioni che egli avea avute, come se mai non fussono state. E allora Santo Francesco menandolo per dentro sì gli mostrò molte cose maravigliose e poi gli disse: "Figliuolo, e' ti conviene ritornare al mondo staravi sette dì ne' quali tu t'apparecchia diligentemente con ogni divozione; imperò che dopo i sette dì io verrò per te e allora tu ne verrai meco a questo luogo de' beati".

  Ed era ammantato Santo Francesco d'uno mantello maraviglioso adornato di stelle bellissime, e le sue cinque stimmate erano come cinque stelle bellissime e di tanto splendore che tutto il palagio alluminavano con li loro raggi. E frate Bernardo avea in capo una corona di stelle bellissime, e frate Egidio era adornato di maraviglioso lume; e molti altri santi frati tra loro cognobbe, li quali nel mondo non avea mai veduti. Licenziato dunque da Santo Francesco si ritornò, benché mal volentieri, al mondo. Destandosi e ritornando in sé e risentendosi, i frati suonavano a prima: sicché non era stato in quella visione se non da mattutino a prima, benché a lui fosse paruto istare molti anni. E recitando al suo guardiano tutta questa visione per ordine, infra i sette dì si incominciò a febbricare, e l'ottavo dì venne per lui Santo Francesco, secondo la 'mpromessa, con grandissima moltitudine di gloriosi santi, e menonne l'anima sua al regno de' beati di vita eterna. A laude di Cristo. Amen.
San Francesco e gli animali

 

 

Preghiera semplice



San Francesco di Cimabue


Oh! Signore, fa di me uno strumento della tua pace:

dove è odio, fa ch'io porti amore,
dove è offesa, ch'io porti il perdono,
dove è discordia, ch'io porti la fede,
dove è l'errore, ch'io porti la Verità,
dove è la disperazione, ch'io porti la speranza.

Dove è tristezza, ch'io porti la gioia,
dove sono le tenebre, ch'io porti la luce.

Oh! Maestro, fa che io non cerchi tanto:
Ad essere compreso, quanto a comprendere.
Ad essere amato, quanto ad amare
Poichè:

Sì è: Dando, che si riceve:
Perdonando che si è perdonati;
Morendo che si risuscita a Vita Eterna.

Amen
.
 
 
 
Font.ilsantodelgiorno.it

lunedì 26 settembre 2016

Santi Cosma e Damiano

Buongiorno miei cari lettori! Si ricomincia con un'altra impegnativa settimana! Oggi celebriamo i Santi Cosma e Damiano, quindi auguri a tutte le Cosma e a tutti i Damiano, buona settimana a tutti! 



 I santi martiri Cosma e Damiano furono fratelli gemelli, secondo il Martirologio Romano, e compagni non solo di sangue, ma anche di fede e di martirio. Studiarono assieme medicina in Siria e salirono ben presto a grande fama per la loro valentia nel curare i malati. Forse erano arabi di nascita, ma assai per tempo ricevettero un’ educazione cristiana veramente ammirabile. Animati da vero spirito di fede e di carità si servirono della loro arte per curare sia i corpi sia le anime con l'esempio e con la parola. Riuscirono a convertire al cristianesimo molti pagani . Si portavano in fretta presso chiunque li richiedesse rifiutando ogni compenso, contenti di poter per mezzo della loro arte esercitare un po' di apostolato. In questo modo si attirarono amore e stima non solo dai cristiani, ma anche dagli stessi infedeli. Venivano da tutti soprannominati "Anàrgiri" (dal greco anargyroi, parola greca che significa “senza denaro”), proprio perché non si facevano pagare per la cura dei malati.

Mentre essi compivano tanto bene, ecco scoppiare la persecuzione di Diocleziano. I santi Cosma e Damiano si trovavano in quel tempo ad Egea di Cilicia, in Asia Minore. Così circa l'anno 300 i santi medici si videro arrestati e tradotti davanti al tribunale di Lisia, governatore della Cilicia. « Ho l'ordine, dice il proconsole, di far ricerca dei cristiani, punire quelli che resistono e premiare quelli che si sottomettono alle leggi dell'impero. Voi siete accusati di appartenere alla setta... Scegliete ». « La scelta è fatta, risposero i santi fratelli, siamo cristiani e come tali siamo pronti a morire ».

« Riflettete bene, soggiunse Lisia, perché si tratta di vita o di morte, non potendo, né dovendo io tollerare una ribellione alle leggi ». « Noi rispettiamo come gli altri le leggi civili, ma nessuna legge ci può costringere ad inchinarci ai vostri dei di fango; noi adoriamo il Dio vivo e ci inchiniamo a Gesù Cristo Salvatore ». Lisia sdegnato ordinò che fossero legati e flagellati. Dopo questo primo tormento, persistendo i Santi nel loro fermo proposito, ordinò che fossero gettati in mare. L’ ordine fu all’ istante, mentre una grande turba di cristiani piangeva dirottamente. Il Signore venne in loro soccorso: le onde li spinsero fino alla riva e così poterono salvarsi. A tal vista il popolo gridò : « Siano salvi i nostri medici; si rispettino quelli che il mare stesso rispetta ». Purtroppo tutte queste grida furono vane: il proconsole li voleva assolutamente morti, perciò li fece gettare in una fornace ardente. Liberati miracolosamente dal Signore, dopo altri vari tormenti, furono fatti decapitare a Egea probabilmente nel 303.

Sul loro sepolcro si moltiplicarono i miracoli: lo stesso imperatore Giustiniano, raccomandatosi alla intercessione di questi santi medici, fu guarito da mortale malattia e per riconoscenza fece erigere in loro onore una sontuosa basilica.
In loro onore Papa Felice IV (525-530) fece costruire a Roma una chiesa, decorata di mosaici stupendi.
I resti dei santi martiri sono custoditi nel pozzetto dell’antico altare situato nella cripta dei Ss. Cosma e Damiano in Via Sacra, dove li depose S. Gregorio Magno (590-604).
Vivo il loro culto in Oriente in Occidente, dove numerose chiese e monasteri di epoche diverse sono intitolate ai santi martiri “guaritori”.


PRATICA. Facciamo oggi qualche opera di misericordia spirituale e corporale in favore del prossimo.

PREGHIERA. Fa', te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che noi che celebriamo la festa dei tuoi martiri Cosma e Damiano, veniamo liberati per loro intercessione da tutti i mali che ci minacciano.



Font.ilsantodelgiorno.it



lunedì 19 settembre 2016

San Gennaro

Buongiorno e buon inizio settimana cari lettori! Passato un buon weekend?! Qui ormai le feste son finite e indovinate un pò?E' tornato anche il brutto tempo, quest'anno l'autunno ha deciso di anticipare! Oggi è San Gennaro, protettore dei donatori di sangue e orafi... Quindi auguri a tutti i Gennaro! 




S. Gennaro nacque a Napoli nella seconda metà del secolo III. Di famiglia nobile e molto cristiano, predilesse fin dalla sua giovinezza la vita ecclesiastica. A trent'anni era sacerdote e vescovo di Benevento, quando scoppiò la persecuzione di Diocleziano. Grande era la sua amicizia col diacono Sosio, che consultava sovente circa gli affari della diocesi, trovando in lui molto sapere e conforto spirituale.

Un giorno, mentre Sosio leggeva il Vangelo nella chiesa, il Vescovo vide scintillare sopra il suo capo una fiamma che conobbe essere preannunzio del martirio. Pieno di giubilo per tanta grazia, baciò il capo di colui che doveva patire per amore di Gesù Cristo e ne rese grazie al Signore, rimanendo in attesa che si compisse la volontà di Dio. Difatti. poco dopo, per ordine del giudice Draconzio, il santo diacono fu chiuso in prigione. Ciò saputo Gennaro andò a visitarlo, ed entrato nel carcere: « Perché, esclamò, quest'uomo di Dio è tenuto prigioniero senza alcun motivo? ». Riferite queste parole a Timoteo, prefetto della Campania, questi fece arrestare anche Gennaro.

Il nostro Santo, gettato in una fornace ardente, ne uscì illeso. Pertanto il prefetto preso da sdegno, ordinò di stirare il corpo del Martire, fino a rompergli le articolazioni. Frattanto un altro diacono, Sisto, ed il lettore Desiderio, presi e incantenati furono trascinati, insieme col Vescovo, davanti al carro del prefetto, fino a Pozzuoli e gettati nella medesima prigione ove erano detenuti Sosio e Proculo ed i cristiani Eutiche e Ponzio già condannati alle belve.

Il giorno dopo furono tutti esposti alle fiere nell'anfiteatro; ma queste, dimentiche della loro naturale ferocia, si accovacciarono ai piedi di Gennaro. Intanto il prefetto, attribuendo ciò a incantesimi, pronunciò contro i martiri di Cristo la sentenza capitale, e divenuto cieco sull'istante, non ricuperò la vista che per le preghiere del Santo. A questo miracolo quasi cinquemila uomini abbracciarono la fede di Cristo. Tuttavia l'ingrato giudice non convertito dal beneficio, anzi sdegnato per la moltitudine delle conversioni e fanatico osservatore dei decreti imperiali, ordinò che il santo Vescovo coi compagni fossero uccisi di spada il 19 settembre. 


I Napoletàni, dietro avviso celeste, accorsero a raccogliere in ampolle parte del sangue del martire San Gennaro e trasportarono il corpo prima a Benevento, poi a Montevergine e infine nella cattedrale di Napoli, ove fu eletto a patrono principale della città. Napoli attribuì alla sua protezione la grazia di essere stata liberata da molteplici e violenti eruzioni del Vesuvio, e dalle armi di molti nemici che avevano giurato la sua rovina.



Nella cappella del Tesoro della cattedrale si conserva il capo e due ampolle di sangue del santo Vescovo: quivi da sedici secoli si ripete il miracolo detto di S. Gennaro. Tale portento venne studiato da dotti di ogni secolo e d'ogni fede e tutti furono d'accordo nell'attribuirlo ad un intervento soprannaturale. Infatti, allorché nella ricorrenza del suo martirio e della sua consacrazione episcopale si pone il capo del Santo martire, racchiuso in una preziosa custodia, alla presenza del suo sangue raggrumato e contenuto in due ampolle di cristallo, senza l'intervento di alcun agente esterno, la massa del sangue del martire passa dallo stato solido allo stato liquido e lo si vede bollire.

PRATICA: Facciamo oggi un piccolo sacrificio per la nostra fede.

PREGHIERA. O Dio, che ci rallegri coll'annua solennità dei tuoi santi martiri Gennaro e compagni, concedi che come siamo rallegrati dai loro meriti, così siamo infiammati dai loro esempi. 

giovedì 15 settembre 2016

Beata Vergine Maria Addolorata

Buondì! Oggi celebriamo la Beata Vergine Maria Addolorata! Vi auguro una buona giornata


Ogni sguardo dato a Lei da Gesù, ogni accento di quel labbro soave, mentre sollevava Maria sulle ali dell'amore materno, la precipitava nell'investigabile abisso del più acerbo dolore. Se la Vergine si compiaceva nel contemplare quel volto leggiadro, tosto la conturbava il desolante pensiero che un giorno quel volto sarebbe stato sformato dalle percosse e ricoperto dal gelido sudore della morte; se ne mirava la fronte divina, su cui si divideva la bionda capigliatura, Maria soffriva pensando all'orribile serto da cui sarebbe stata un giorno incoronata.

Questi sentimenti dolorosi si tramutarono in realtà, quando giunse per Maria il momento solenne di assistere alla divina passione. Tutto quello che Ella sofferse sin qui, altro non fu che la preparazione del martirio che l'attendeva sull'erta fatale del Golgota. Quando Gesù morì, la terra tremò, si spaccarono le pietre, cominciarono ad addensarsi le tenebre sul creato; a queste manifestazioni della natura indignata, la folla dei curiosi, colta da panico, si diradò. L'invitta Madre allora si accostò ancor più alla croce per unire il proprio martirio a quello del Salvatore.

L'addoloratissima Madre accolse più tardi sulle sue ginocchia le spoglie dell'adorato Figliuolo.

Questo fu il prezzo che la Madonna dovette pagare per la rigenerazione dell'umanità e meritarsi la sublime dignità di Madre universale. Tale infatti fu proclamata Maria nel modo più solenne al cospetto del cielo e della terra dalla voce di un Dio agonizzante

PRATICA. Consideriamo quanto siamo costati a Maria SS., e non rinnoviamole i dolori con nuovi peccati.

PREGHIERA O Dio, nella cui passione, secondo la profezia di Simeone, la spada del dolore trapassò l'anima dolcissima della gloriosa Vergine Maria, concedi benigno, che come ne celebriamo i dolori, così otteniamo i frutti abbondanti della tua passione.



I SETTE DOLORI DI MARIA

PRIMO DOLORE
La rivelazione di Simeone
Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».

SECONDO DOLORE

La fuga in Egitto
Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo». Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto.

TERZO DOLORE

Lo smarrimento di Gesù nel Tempio
Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».

QUARTO DOLORE

L'incontro con Gesù sulla via del Calvario
Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore. (Lm 1, 12). «Gesù vide sua Madre lì presente»

QUINTO DOLORE

La crocifissione e la morte di Gesù.
Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero Lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla Croce; vi era scritto "Gesù il Nazareno, il re del Giudei" (Lc 23,33; Gv 19,19). E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: "Tutto è compiuto!" E, chinato il capo, spirò.

SESTO DOLORE:

La deposizione di Gesù tra le braccia di Maria
Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.

SETTIMO DOLORE
:

La sepoltura di Gesù e la solitudine di Maria
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Magdàla. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.




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lunedì 12 settembre 2016

Santissimo Nome di Maria

Buongiorno e buon inizio settimana a tutti! Avete passato un buon weekend? Oggi faccio i miei auguri a tutte le donne che si chiamano "Maria"! 








Dopo il nome di Gesù non v'è nome più dolce, più potente, più consolante che quello di Maria; nome dinanzi a cui s'inchinano riverenti gli Angeli, la terra si allieta, l'inferno trema.

Tre sono i principali significati di questo nome:
Mare: dall'ebraico Maryam, nome adatto ad esprimere la sovrabbondanza delle grazie sparse sopra di lei. Come invero tutti i fiumi sboccano nell'oceano, così tutti i tesori delle grazie celesti, tutte le eccelse prerogative e carismi furono versati sopra l'anima della Vergine, la quale è chiamata: « Madre di grazie ».

Amarezza: anche questo conviene moltissimo alla Vergine il cui cuore nuotò in un mare di angoscia, precisamente come aveva predetto il Profeta: « Immenso come il mare è il tuo cordoglio ». Come la Vergine era stata colmata più di tutti i Santi di grazia, così più di tutti loro doveva bere il calice amaro della passione del suo Figliuolo Gesù.

Stella: con questo appellativo la Chiesa invoca la Vergine nel bellissimo inno « Ave, Maris Stella ». S. Bernardo intreccia sapientemente a questo significato le più belle pagine di eloquenza e le più consolanti considerazioni: « Ella è la pura e gloriosa stella che sorge da Giacobbe ed illumina tutto il mondo; la sua luce brilla nei cieli e penetra negli abissi, percorre la terra, infiamma d'amor divino ogni cuore, suscita le virtù e distrugge il vizio. Ella è la candida e dolce stella dalla Provvidenza innalzata sopra il profondo mare dell'universo, per illuminarlo con lo splendore del suo esempio ». Maria è ancora giubilo al cuore, melodia soave all'orecchio, balsamo salutare ad ogni sorta di miserie; come l'arcobaleno indica la fine della tempesta ed annunzia il ritorno della calma, così il nome di Maria entrato in un'anima ne allontana il peccato e la dispone alla pace col Signore.

Il culto del Santissimo Nome della beata Vergine Maria che il Martirologio Romano ricorda in questo giorno, rievoca l' amore della Madre di Dio verso il suo Figlio santissimo ed è proposta ai fedeli la figura della Madre del Redentore, perché sia invocata con profonda devozione. E’ un culto che si diffuse nel corso dei secoli in tutta la Chiesa, ed i Pontefici arricchirono d'indulgenze l'invocazione dei nomi di Gesù e di Maria.

Nel 1513 il Papa Giulio II da Roma concesse alla Spagna una festa in onore del nome di Maria. San Pio V la sopprese, Sisto V la ripristinò e si estese poi nel 1671 al Regno di Napoli fino a raggiungere Milano. Dopo la vittoria riportata nel nome di Maria contro i Turchi da Giovanni Sobieski, re di Polonia, il Beato Pontefice Innocenzo XI il 12 settembre 1683, in memoria e grato del prodigio, estese questa festa a tutta la Chiesa, fissandola alla domenica fra l’Ottava della Natività. Fu infine san Pio X a riportarla al 12 settembre.

PRATICA. S. Bernardo ci raccomanda: «Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità, invoca Maria. Un sì bel nome non si parta dalla tua bocca, non si parta dal tuo cuore ».

PREGHIERA. Deh! concedi, Dio onnipotente, che tuoi fedeli, i quali si rallegrano del nome e della protezione della SS. Vergine Maria, siano liberati, per la sua amorevole intercessione, da tutti i mali in terra, e meritino di giungere ai gaudii eterni nel cielo.




Scrive il Manzoni:


IL NOME DI MARIA


Tacita un giorno a non so qual pendice Salia d'un fabbro nazaren la sposa; Salia non vista alla magion felice D'una pregnante annosa;

E detto: “Salve” a lei, che in reverenti Accoglienze onorò l'inaspettata, Dio lodando, sclamò: Tutte le genti Mi chiameran beata.

Deh! con che scherno udito avria i lontani Presagi allor l'età superba! Oh tardo Nostro consiglio! oh degl'intenti umani Antiveder bugiardo!

Noi testimoni che alla tua parola Ubbidiente l'avvenir rispose, Noi serbati all'amor, nati alla scola Delle celesti cose,

Noi sappiamo, o Maria, ch'Ei solo attenne L'alta promessa che da Te s'udia, Ei che in cor la ti pose: a noi solenne È il nome tuo, Maria.

A noi Madre di Dio quel nome sona: Salve beata! che s'agguagli ad esso Qual fu mai nome di mortal persona, O che gli venga appresso?
Salve beata! in quale età scortese Quel sì caro a ridir nome si tacque? In qual dal padre il figlio non l'apprese? Quai monti mai, quali acque
Non l'udiro invocar? La terra antica Non porta sola i templi tuoi, ma quella Che il Genovese divinò, nutrica I tuoi cultori anch'ella.
In che lande selvagge, oltre quei mari Di sì barbaro nome fior si coglie, Che non conosca de' tuoi miti altari Le benedette soglie?
O Vergine, o Signora, o Tuttasanta, Che bei nomi ti serba ogni loquela! Più d'un popol superbo esser si vanta In tua gentil tutela.
Te, quando sorge, e quando cade il die, E quando il sole a mezzo corso il parte, Saluta il bronzo, che le turbe pie Invita ad onorarte.
Nelle paure della veglia bruna, Te noma il fanciulletto; a Te, tremante, Quando ingrossa ruggendo la fortuna, Ricorre il navigante.
La femminetta nel tuo sen regale La sua spregiata lacrima depone, E a Te beata, della sua immortale Alma gli affanni espone;
A Te che i preghi ascolti e le querele, Non come suole il mondo, né degl'imiE de' grandi il dolor col suo crudele Discernimento estimi.
Tu pur, beata, un dì provasti il pianto, Né il dì verrà che d'oblianza il copra: Anco ogni giorno se ne parla; e tanto Secol vi corse sopra.
Anco ogni giorno se ne parla e plora In mille parti; d'ogni tuo contento Teco la terra si rallegra ancora, Come di fresco evento.
Tanto d'ogni laudato esser la prima Di Dio la Madre ancor quaggiù dovea; Tanto piacque al Signor di porre in cima Questa fanciulla ebrea.
O prole d'Israello, o nell'estremo Caduta, o da sì lunga ira contrita, Non è Costei, che in onor tanto avemo, Di vostra fede uscita?
Non è Davidde il ceppo suo? Con Lei Era il pensier de' vostri antiqui vati, Quando annunziaro i verginal trofei Sopra l'inferno alzati.
Deh! a Lei volgete finalmente i preghi, Ch'Ella vi salvi, Ella che salva i suoi; E non sia gente né tribù che neghi Lieta cantar con noi:
Salve, o degnata del secondo nome, O Rosa, o Stella ai periglianti scampo, Inclita come il sol, terribil come Oste schierata in campo.
Font.ilsantodelgiorno.it

venerdì 9 settembre 2016

San Pietro Claver

Buongiorno a tutti miei cari lettori! Ieri avete seguito la trasmissione?Oggi altra giornata nuvolosa, il tempo di questa settimana è stato veramente pessimo devo dire! Volevo far gli auguri a tutti i Pietro, il 9Settembre infatti festeggiamo San Pietro Claver! Vi lascio con la sua storia, augurandovi una buona giornata e un buon weekend!



Nato da Pietro ed Anna Claver l'anno 1585 a Verdù in Spagna, il nostro Santo fin dai primi anni fu educato cristianamente. Inviato a Barcellona per gli studi fu ammesso dal Vescovo fra i suoi chierici. Ma un più vivo desiderio nutriva Pietro: essere sacerdote religioso della Compagnia di Gesù. I suoi genitori non sapevano come staccarsi da un sì caro figliuolo, perciò gli negarono il consenso. Pietro, non potendo convincere i genitori con le parole, si rivolse con tutto l'animo alla SS. Vergine. Ottenuta la sospirata grazia, entrò in religione. A Maiorca conobbe il B. Alfonso Rodriguez che lo incitò ad andare in America. Approdato a Cartagena si recò a Santa Fè per compiervi la sua formazione, e l'anno 1616 a Cartagena ricevette l'ordinazione sacerdotale.

Di qui comincia la sua nuova vita feconda d'apostolato e di abnegazione per le anime.

Nel 1622 Pietro emise la professione religiosa solenne aggiungendo la promessa di spendere tutta la sua vita a servizio degli schiavi: lavorò tanto per' essi che se non ebbe la corona del martirio cruento ebbe quella di un martirio diurno, martirio di preghiera, di lotta, di sacrifici, d'un intenso apostolato. Un giorno, dopo aver radunati tanti negri da riempire la chiesa, e mentre questi ascoltavano la parola divina, il demonio destò un sì improvviso e spaventevole turbine che tutti cercarono la salvezza nella fuga e Pietro che stava alla porta, fu travolto. Tutti rimasero illesi: solo Pietro fu trovato più tardi, pesto e ferito, in orazione nella cappella della SS. Vergine.

Nella contagiosa pestilenza che poco dopo infierì in quelle regioni, Pietro mostrò la sua eroica carità. Ai piedi dei malati prestava loro i più umili servizi e assieme al pane materiale dava loro il pane spirituale, il pane della fede cristiana. Ma presto la fibra di questo coraggioso apostolo di Cristo venne a consumarsi.
Il suo corpo più non resse alle fatiche e cadde sfinito contraendo il terribile morbo che sopportò eroicamente per ben quattro anni.

Finalmente la sua corona era pronta: dopo un'agonia di un giorno, circondato dai suoi negri, il Santo Apostolo rendeva la bell'anima a Dio 1'8 settembre 1654.

PRATICA: Preghiamo oggi e facciamo un'offerta per i missionari.

PREGHIERA: O Signore, che hai salvato tante anime per mezzo del beato Pietro, ti chiediamo per la sua intercessione che uniti a te in terra possiamo eternamente godere la tua gloria celeste.  



Font.ilsantodelgiorno.it

mercoledì 7 settembre 2016

Santa Regina di Alise

Eccoci tornati dopo un lungo periodo di assenza qui nel blog, ma noto con piacere che continuare comunque a seguirmi numerosi! Oggi piove, devo dire che questo Settembre è cominciato davvero con i fiocchi! Quest'oggi, festeggiamo tutte coloro che si chiamano Regina, quindi auguri!
 



















Figlia di nobile pagano della Borgogna, la cui moglie morì dando alla luce questo splendido fiore, fu affidata ad una balia cristiana la quale, dopo averla battezzata, fece crescere Regina nella fede e nell'amore.


Regina ben presto si avvicinò alla fede cristiana e contrariamente a quanto avrebbe voluto il padre, dedicò la sua vita alla castità e alla preghiera, divenendo così un'umile pastorella andando a vivere come eremita.

La sua bellezza attirò l'attenzione del prefetto Olibrio, il quale, sapendo che era di stirpe nobile, voleva sposarla a tutti i costi, ma lei rifiutò e disubbedì al volere di suo padre, che cercava di convincerla a sposare un uomo ricco. 

Così il padre non stentò a rinchiuderla in una prigione, e subire le più tremende torture. Una notte le apparve una croce e una voce gli avrebbe rassicurato il suo rilascio imminente.

All'età di 15anni Regina fu decapitata, al momento dell'esecuzione una colomba bianca apparve nel cielo e causò la conversione di molti dei presenti.

 PREGHIERA: O Signore, fa che per l'intercessione dei tuoi santi, e in particolare di Santa Regina di Alise, l'umanità ritorni alla pratica della fede cristiana per una nuova evangelizzazione di questo terzo millenio a lode e gloria del tuo nome ed il trionfo della Chiesa. Amen.
  

Font.santodelgiorno.it

La Numerologia è un incredibile strumento in grado di decifrare l’uomo, i suoi meccanismi profondi, i suoi cicli personali.