Uno degli eventi biblici più
significativi, leggiamo mentre attendiamo un po' di pioggia
approfittiamo per augurare a tutti una buona estate e rilassanti vacanze
Il Divin Redentore Gesù aveva già predicato per due anni il
Vangelo dell'amore per tutta la Palestina, e si era già scelti i dodici
Apostoli, ma la Buona Novella non era ancora stata compresa che in
piccola parte: i suoi discepoli medesimi restavano ancora dubbiosi e
tiepidi.
Per confermare nella fede almeno i più amati fra gli
Apostoli, prese con sè Pietro, Giacomo e Giovanni, li condusse sulla
cima del Tabor ed innanzi ad essi si trasfigurò. Il suo viso divenne
risplendente come il sole e le sue vesti candide come la neve. Ed
apparvero Mosè ed Elia che conversavano con lui. Pietro allora prese la
parola e disse a Gesù: « È bene per noi lo star qui; se vuoi facciamo
qui tre tende: una per Te, una per Mosè ed una per Elia ». Mentre ancora
parlava una lucida nuvola li avvolse e da essa si udì una voce che
diceva: « Questo è il mio Figliuolo diletto nel quale mi sono
compiaciuto: ascoltatelo ». Udendo tale voce i discepoli caddero bocconi
a terra e furon presi da gran timore, ma Gesù, accostatosi a loro, li
toccò dicendo : « Levatevi e non temete »; ed essi alzati gli occhi non
videro che Gesù. Egli poi nello scendere dal monte ordinò di non parlare
a nessuno di quella visione, prima che il Figliuol dell'Uomo fosse
risuscitato dai morti.
Questo bellissimo tratto del Santo
Vangelo è preso da S. Matteo, ma lo si trova pure in S. Luca ed in S.
Marco. Gesù prende con sè, e vuole testimoni della sua gloria: Pietro,
il discepolo dal cuore ardente e generoso fino all'eroismo; colui che
pochi giorni prima era stato costituito capo della Chiesa. Giacomo, il
fratello di Giovanni, impetuoso e fedele che voleva sedere alla destra
di Gesù, per cui si disse disposto a bere lo stesso calice amaro della
passione. Giovanni, prediletto perchè il più giovane ed il più
innocente. Tutti e tre li vedremo in seguito seguire il Maestro
nell'Orto degli Ulivi, recarsi per primi al sepolcro, predicare con zelo
ardente la fede, e dare la vita per il loro Maestra.
PRATICA. Il
Padre sul Tabor ha proclamato: «Questo è il mio Figlio diletto, lui
ascoltate ». Ascoltiamo questo Maestro Divino quando ci parla per mezzo
della Chiesa o dei suoi ministri.
PREGHIERA. Dio, che
nella gloriosa Trasfigurazione del tuo Unigenito hai confermato i
misteri della fede con la testimonianza dei padri e, con voce partita da
nube luminosa, hai meravigliosamente proclamata la perfetta adorazione
dei figli, concedici, propizio, di poter divenire coeredi del Re della
gloria e partecipi della sua medesima gloria.
MARTIROLOGIO ROMANO. Festa
della Trasfigurazione del Signore, nella quale Gesù Cristo, il Figlio
Unigenito, l’amato dell’Eterno Padre, davanti ai santi Apostoli Pietro,
Giacomo e Giovanni, avendo come testimoni la legge ed i profeti,
manifestò la sua gloria, per rivelare che la nostra umile condizione di
servi da lui stesso assunta era stata per opera della grazia
gloriosamente redenta e per proclamare fino ai confini della terra che
l’immagine di Dio, secondo la quale l’uomo fu creato, sebbene corrotta
in Adamo, era stata ricreata in Cristo.
Fonti wikipedia e vaticane
mercoledì 31 marzo 2021
Importante in questi giorni di festa
lunedì 29 marzo 2021
Argomento storico e importante
Per i numeri visti i problemi di
linea riscontrati in questo periodo consigliamo di chiamare i numeri che
usciranno durante la trasmissione, sia che siano dirette o repliche.
S. Romualdo nacque a Ravenna dalla nobile famiglia degli Onesti: i
costumi del casato però non corrispondevano al nome. Il duca Sergio,
padre del nostro Santo, uomo irascibile e per nulla religioso, venuto in
lite con un parente per il possesso di un podere, lo sfidò a duello.
Romualdo sebbene aborrisse lo spargimento di sangue, costretto dal
padre, dovette assistere a quell'atto irragionevole che terminò
coll'uccisione dell'avversario. A quella vista il suo cuore inorridì e
corse a nascondersi nel monastero di Classe presso Ravenna, per
riparare, con quaranta giorni di penitenza, l'omicidio commesso dal
genitore.
Finita quella quaresima, si sentì mutato; le esortazioni di un frate
laico e di due visioni di S. Apollinare, lo decisero a vestire l'abito
religioso in quel monastero.
Trascorsi tre anni, abbandonò il paese natio e recatosi in una
solitudine vicino a Venezia, si pose sotto la direzione di un celebre
eremita chiamato Marino. Dopo vent'anni di tirocinio, Romualdo in
compagnia del maestro e di alcuni nobili veneziani, passò in Francia.
fermandosi nei dintorni di S. Michele di Cusa.
Colà prese a progredire mirabilmente di virtù in virtù, superando lo
stesso Marino, e molti, ammirando il suo tenore di vita, venivano a
mettersi sotto la sua guida. Ivi pure dovette sostenere terribili lotte
col demonio, che gli dipingeva in mille modi le difficoltà della vita
religiosa, la fragilità della nostra debole natura e l'enorme fatica che
ci vuole per giungere a piacere davvero al Signore. Il Santo tutto
vinse con la mortificazione e la preghiera.
Dalla Francia tornò nuovamente in Italia ed ebbe la consolazione di constatare la conversione del duca suo padre.
Avuto intanto notizia che il suo discepolo Brunone di Querfurt era stato
coronato del martirio in Russia, bramando anch'egli di versare il suo
sangue per la fede, s'incamminò verso quelle regioni. Ma una grave
malattia lo arrestò nell'Ungheria ed egli, scorgendovi un segno della
volontà divina, fece ritorno in Italia.
Riprese quindi le fondazioni e le visite ai monasteri. Un giorno ad
Arezzo s'incontrò con un conte aretino di nome Maldolo, padrone di una
casa e di una magnifica selva che dal suo nome si chiamava CaMaldoli. Il
conte, conosciuto chi fosse quel venerando pellegrino, gli manifestò
una visione avuta e gli donò casa e selva. Romualdo, giudicando quella
località adattissima per i suoi, ridusse la casa ad ospizio e vicino
costruì un eremo per i religiosi contemplativi. Diede loro, con qualche
modificazione, la regola benedettina e dal nome del luogo li denominò
Camaldolesi.
Il santo vegliardo fondò ancora un altro cenobio nella valle di Castu, e
vicino a questo si costruì una cella romita per passarvi gli ultimi
anni. Quivi, affranto, mori il 19 giugno 1027 a 120 anni. La festa
odierna ricorda la traslazione delle sue reliquie nella chiesa di
Fabriano.
PRATICA. Imitare S. Romualdo in questo suo bel consiglio: «Presto a letto e presto fuor di letto».
PREGHIERA. Dela! Signore, ci renda accetti l'intercessione del beato
abate Romualdo, affinchè quel che non possiamo coi nostri meriti, lo
conseguiamo per il suo patrocinio.
Ci scusiamo nuovamente per il disagio e vi aspettiamo per fornirvi i numeri fortunati
sabato 27 marzo 2021
Una presenza importante
Buongiorno e bentrovati augurando a tutti buona fortuna e un felice weekend,
Adesso veniamo al Santo del giorno.
Quando si è detto che Eriberto fu consacrato Vescovo di Colonia
nel 999 si è già detto molto. Si era alla vigilia di quel Mille, che si
annunziava pieno di spavento, per la creduta fine del mondo.
Su quel momento di universale panico si è calcato molto la mano, come se
l'aspettativa dei giorni apocalittici avesse davvero paralizzato la
vita del mondo. Basterebbe ricordare le parole carducciane su « Le turbe
raccolte intorno a' manieri feudali, accasciate e singhiozzanti nelle
chiese tenebrose e ne' chiostri, sparse con pallidi volti e sommessi
mormorii per le piazze ».
Oggi i colori di quel momento storico si sono sensibilmente schiariti,
non però tanto da mutare le temute tenebre della notte perpetua, in una
sperata alba di vita felice.
Sta di fatto che l'Impero degli Ottoni, se non vacillava, certo veniva
già turbato, specie in Italia, dal verzicare dei liberi comuni, e i
discendenti del primo grande e potente Ottone scendevano in Italia per
morirvi quasi tutti giovani.
Eriberto, nato a Worms, da nobile famiglia, si trovava a fianco di
Ottone III, quando .il giovanissimo Imperatore scese in Italia. Era anzi
il suo cancelliere. Ciò non significava che fosse uomo politico; era un
ecclesiastico, che aveva studiato in una Abbazia benedettina ed era
stato Preposto della Chiesa di Worms.
Forse si deve anche a lui, oltre che alla madre di Ottone III, Teofania,
l'inclinazione che il giovane Imperatore mostrò per l'antica civiltà
romana, che preferiva a quella tedesca. Egli pensò persino di far di
Roma la sede dell'Impero, contro il parere dei suoi superbi teutoni ed
anche contro il desiderio dei gelosi romani.
Eriberto si trovava a fianco di questo Imperatore germanico, quando, a
Benevento, fu nominato Vescovo di Colonia. Mentre Ottone III rimaneva in
Italia, dove sarebbe stato ucciso giovanissimo, a ventidue anni,
Eriberto risalì la penisola e attraversò la Germania, per essere, come
abbiamo detto, consacrato a Colonia, nel 999.
Cominciò allora la sua opera di consolazione e di conforto negli anni
dello sgomento e del terrore. Umile, dolce, affabile, sereno, sollevò le
anime e guidò la diocesi con dolce zelo.
Egli stesso, per penitenza, portava indosso costantemente il cilicio, ma
non approvava che il terrore provocasse forme troppo aspre di
sacrificio.
Il successore di Ottone III, quell'Enrico che abbiamo visto sposo della
casta e caritatevole Cunegonda, non apprezzò da prima le qualità del
Vescovo Eriberto. Ma poi, riconoscendo di avere sbagliato, gli chiese
pubblicamente perdono e lo volle suo cancelliere.
Eriberto si sentiva però pastore e padre, soccorritore di miserie morali
e materiali. Egli, che avrebbe potuto vivere nella Reggia Imperiale, si
faceva stretto obbligo di visitare la propria diocesi, portando ovunque
la serenità del proprio spirito e la generosità del proprio cuore. E
durante una di queste visite pastorali, caduto ammalato, morì, a Duitz,
il 15 marzo 1021.
Fonti Vaticane e Wikipedia
venerdì 26 marzo 2021
Oggi parliamo di
Pare che faremo i conti con questo
tempo incerto ancora per un po' nel frattempo godiamoci il sole, facendo
la spola tra mare e ombrellone.
Giustino nacque a Sichem, in Samaria, nel II secolo dopo Cristo,
ma era probabilmente di origine romana. Giovane quieto, aveva cercato
attraverso lo studio della filosofia la verità e con essa la felicità,
senza peraltro raggiungerla. Si ritirò allora nel deserto, dove incontrò
un vecchio saggio al quale confidò i suoi tormenti. "Leggi i profeti,
leggi il Vangelo - gli suggerì il vecchio - e troverai quello che
cerchi".
Giustino li lesse e la grazia di Dio gli illuminò la mente e gli
riscaldò il cuore. Giustino non rinnegò per questo la filosofia, anzi
trasse da essa motivi per dimostrare la ragionevolezza de cristianesimo:
lo fece scrivendo una celebre Apologia e sostenendo accesi dibattiti
con i più filosofi del tempo. L'eco della sua attività giunse
all'orecchio del prefetto di Roma, impegnato in una dura persecuzione
contro i cristiani. Così Giustiniano venne processato. "Ho studiato
tutte le scienze, ma solo nella dottrina dei cristiani religiosamente
seguiti ho trovato la verità" rispose al prefetto che lo interrogava. E
poiché non si scostò di un passo dalla professione di fede pronunciata,
venne condannato a morte. Fu decapitato, dopo aver subito il tormento e
l'ingiuria della flagellazione.
Auguro a tutti un sereno weekend
Fonti Wikipedia e vaticane
giovedì 25 marzo 2021
I numero ci parlano : il '7'
La Numerologia è un incredibile strumento in grado di decifrare l’uomo, i suoi meccanismi profondi, i suoi cicli personali.