Una affermazione della numerologia avanzata da alcuni praticanti conclude che, dopo osservazioni empiriche e investigazioni, attraverso lo studio dei numeri l'uomo potrà scoprire aspetti segreti di sé stesso e dell'universo.

mercoledì 30 ottobre 2013

San Marciano di Siracusa Vescovo e martire





Ecco ci siamo tra un giorno anzi tra meno di 24'ore sarà Halloween avete fatto la lista delle leccornie da mettere nel cestino?
Come sempre ci occupiamo del santo del giorno non sapendo di chi scrivere ho indagato un po' in rete e il sempre utile Wikipedia mi ha fornito del materiale grazie.




Marziano è stato un vescovo e santo romano; viene considerato il primo vescovo di Siracusa. Secondo la tradizione San Marziano venne mandato da Pietro nel 39 per predicare il vangelo a Siracusa. Questi riuscì a radunare nelle grotte Pelopie di Acradina i primi cristiani. L'improvvisa diffusione della religione cristiana allarmò il senato e i giudei, i quali quest'ultimi preoccupati che molti ebrei si erano convertiti alla nuova religione fecero uccidere il vescovo nel 68 facendolo legare ad una colonna e lapidare. Altre notizie che contrastano con le precedenti riferiscono che Marziano morì martire a Siracusa durante l'impero di Gallieno e Valeriano, all'età di oltre duecento anni.

Alcune reliquie di san Marziano si trovano a Gaeta, dove viene festeggiato come compatrono insieme a sant'Erasmo il 2 giugno. San Marziano è inoltre patrono principale dell'arcidiocesi di Siracusa.
Il Martirologio romano fissa la memoria liturgica il 30 ottobre, mentre la Chiesa ortodossa lo celebra il 9 febbraio.

Font. Wikipedia

martedì 29 ottobre 2013

Sant' Onorato di Vercelli



Siamo ormai alla fine di Ottobre e ci apprestiamo ad accogliere uno dei mesi più magici che anticipano quello ancor più bello delle feste natalizie.




Alla morte del vescovo Limenio, avvenuta nel 396, la comunità vercellese fu agitata e sconvolta da gravi discordie, che impedirono la designazione del nuovo candidato, mantenendo a lungo la vacanza della sede.
Accresceva il turbamento e così anche il motore disgregatore tra i due monaci apostati milanesi ar- rivati a Vercelli a diffondere i loro errori circa la disciplina ascetica e la continenza, contestando la riforma voluta dal defunto vescovo in merito alla disciplina e al celibato dei sacerdoti, idee già presenti nella regola di vita del clero voluta dal grande sant’Eusebio. Soffiando sul fuoco delle divisioni interne, alimentarono con false dicerie il risentimento verso sant’'Ambrogio di Milano, presentandolo come responsabile delle agitazioni e della ritardata elezione del nuovo vescovo. Sant’'Ambrogio intervenne dapprima con la lunga, severa e ammonitrice epistola Ad ecclesiam vercellensem, che fu l’'ultimo suo scritto, sul declinare del 396, e poi di persona per porre decisamente termine alla contesa e alla vacanza. La scelta del candidato cadde sul virtuoso Onorato, membro del cenobio e da tutti stimato, e tale felice designazione pacificò gli animi, anche quelli di coloro che avevano indicato in Ambrogio il responsabile della lunga vacanza.
Onorato nutrì per il grande vescovo di Milano sentimenti di filiale gratitudine e devo- zione, e quando questo cadde infermo, all’inizio della primavera del 397, accorse a Mi- lano per assisterlo. Paolino, biografo di Ambrogio, afferma che Onorato giunto a Milano presso il suo grande protettore, gli amministrò il santo Viatico, dopo di che Ambrogio serenamente spirò.
Dell'’azione pastorale di sant’Onorato è testimonianza un carme, inciso sulla lastra sepolcrale della sua tomba, posta nella cattedrale cittadina accanto a quelle di Eusebio e Limenio.
Nel testo Onorato è descritto come degno discepolo del maestro Eusebio, del quale aveva condiviso le pene dell'’esilio e del carcere e come predicatore della ortodossa dottrina cattolica contro gli influssi ariani ancora presenti e gli errori di Gioviniano. Oltre alla dottrina sicura, Onorato diede esempio di vita santa e di zelo pastorale.
Il suo episcopato durò circa un ventennio e si concluse il 29 ottobre 415, giorno in cui ancora è ricordato nel calendario liturgico delle diocesi di Vercelli e di Milano.
Le sue reliquie riposano sotto la mensa di un altare laterale della cattedrale di Vercelli.
L'’iconografia del santo, nelle tipiche sembianze di un anziano santo vescovo, ha un tratto specifico nel presentarlo mentre comunica Ambrogio morente.

lunedì 28 ottobre 2013

Santi Simone e Giuda




Uff questa nebbia non passa più sarà che si sta avvicinando Halloween ma quando scende la sera qui vengono i brividi a tutti.

Il 28 di ottobre la Chiesa commemora la festa degli Apostoli Simone e Giuda, i cui nomi sono accoppiati nel canone della messa, sono ricordati con un'unica festa.
Può darsi che il motivo fosse un loro comune apostolato in Mesopotamia e poi in Persia, dove sarebbero stati inviati per predicare il Vangelo dove compirono il loro martirio dopo aver portato il messaggio di Cristo e aver convertito praticamente tutta la popolazione.
Comunque non si sa niente di storicamente certo, all'infuori di ciò che ci è narrato nel Vangelo sulla loro vocazione.

Simone, che i vangeli chiamano il Cananeo per non confonderlo con il più famoso Simon Pietro, era nativo di Cana in Galilea, soprannominato lo "Zelota forse perché aveva militato nel gruppo antiromano degli Zeloti, da Matteo e Marco è chiamato Cananeo.
Secondo incerte notizie riferite dallo storico Eusebio, pare sia stato il successore di Giacomo sulla cattedra di Gerusalemme, negli anni della tragica distruzione della città santa. Predicò il vangelo in Egitto. L'apostolo avrebbe subìto il martirio durante l'impero di Traiano, nel 107, alla veneranda età di centovent'anni.

Giuda, "non l'Iscariota" occupa l'ultimo posto nell'elenco degli apostoli. Giuda è detto Taddeo o Giuda di Giacomo. Col soprannome di Taddeo, e viene identificato con l'autore della lettera canonica che porta il suo nome. Nell'ultima cena rivolse a Gesù la domanda: "Signore come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?". Gesù gli rispose che l'autentica manifestazione di Dio è riservata a chi lo ama e osserva la sua parola. Una lettera del Nuovo Testamento porta il suo nome. Operò gran bene con la sua parola ispirata. Aprì chiese e formò una comunità di fedeli, in Babilonia. In Persia subì gloriosamente il martirio suggellando l'insegnamento con il suo sangue.

A S. Pietro in Vaticano le reliquie di Simone e Giuda Taddeo sono venerate dal 27 ottobre 1605 all'altare centrale del transetto sinistro o tribuna dei Ss. Apostoli Simone e Giuda, che dal 1963 è stato dedicato a S. Giuseppe Patrono della Chiesa Universale.
I resti erano precedentemente posti ad un altare a loro dedicato nell'antica basilica, che fu trasformato in cappella da Paolo III.
Il capo di S. Simone si trova nel Museo del Duomo di Pienza.

mercoledì 23 ottobre 2013

Il Santo del giorno bis. San Donato di Fiesole




Ieri avremo dovuto parlare di San Donato da Fiesole.

Donato di Fiesole è stato un vescovo cattolico e scrittore irlandese, durante il suo lungo peregrinare arrivò a Roma. Nel viaggio di ritorno, si fermò in Toscana, a Fiesole, città che aveva subito un'incursione normanna, di cui però non abbiamo fonti certe,  col conseguente saccheggio e da questa situazione fu motivato a restare. Secondo la tradizione fu eletto vescovo nella cattedrale di Fiesole, tra l'acclamazione unanime dei fiesolani e ricoprì questa carica per quasi quarantasette anni, dall'828 all'875. Sotto il suo episcopato Fiesole si risollevò dai danni subiti durante l'invasione dei Normanni, contribuendo al risanamento della comunità cattolica. Dopo aver assistito all'incoronazione fatta da Papa Leone IV a Ludovico II, ottenne da quest'ultimo aiuti per la sua diocesi. Fu presente al Concilio Romano dell'861 indetto da papa Niccolò I per giudicare l'arcivescovo di Ravenna Giovanni VII accusato di abuso di potere dai suoi vescovi votanti.
Sotto di lui, la contea di Fiesole venne fusa con quella di Firenze ma, pur perdendo la giurisdizione politica e fiscale sul territorio della ex contea di Fiesole, Donato riuscì a mantenere di competenza vescovile la sovranità sulla città e, in più, ottenne la contea di Turicchi in Val di Sieve. Pertanto Donato fu l'ultimo dei conti di Fiesole e il primo dei conti di Turicchi.
Fondò la Chiesa di santa Brigida a Piacenza, fra l'826 e l'850, per i pellegrini irlandesi, donandola poi all'Abbazia di San Colombano di Bobbio. Preparò lui stesso il proprio epitaffio, nel quale si dichiarò sangue degli Scoti (Irlandesi) e scrisse la Vita di santa Brigida di Kildare e un poema dedicato all'Irlanda. Alla sua morte fu sepolto nella vecchia cattedrale, all'interno della cappella di san Romolo, e in questo luogo restò fino al 1817, allorché fu trasportato nel Duomo di Fiesole. È commemorato il 22 ottobre.
Si ricordano di lui un ritratto in terracotta invetriata di Luca della Robbia presso il seminario di Fiesole e un suo busto alla Badia Fiorentina. Inoltre gli era dedicato l'oratorio omonimo accanto alla chiesa del Convento di San Domenico che era sede di una compagnia a lui intitolata e che poi si spostò presso la Badia Fiesolana.

San Giovanni da Capestrano



Oggi il santo di cui ci occuperemo, è possiamo dire un nostro conterraneo poiché sua madre era una dama abruzzese.

Giovanni da Capestrano è stato un religioso italiano dell'Ordine dei Frati Minori Osservanti; fu proclamato santo da papa Alessandro VIII nel 1690.
Era figlio di un barone tedesco e di una giovane dama abruzzese. Fu un sacerdote del quale si ricorda l'intensa attività evangelizzatrice nella prima metà del XV secolo.

 Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza a Perugia, Divenne uno stimato giurista, e fu nominato governatore della città. Fu imprigionato quando la città fu occupata dai Malatesta.
In carcere ebbe luogo la sua conversione. Una volta libero, fece annullare il suo matrimonio e prese i voti nel convento francescano di Assisi.
Da sacerdote condusse la sua attività apostolica in tutta l'Europa settentrionale ed orientale, in particolare in Ungheria orientale cioè in Transilvania, dove era consigliere del governatore Giovanni Hunyadi nel Castello Hunyad.
Da fonti storiche ci è pervenuto che la sua predicazione era volta al rinnovamento dei costumi cristiani ed a combattere l'eresia e l'usura praticata dalla maggior parte degli ebrei. Estremamente zelante nei suoi tentativi di convertire eretici, ebrei e ortodossi greco orientali in Transilvania.
Il 17 febbraio 1427 nella chiesa di San Tommaso di Ortona (Chieti) fu solennemente proclamata la pace tra le città di Lanciano e Ortona patrocinata da San Giovanni da Capestrano.
Nel 1456 fu incaricato dal Papa, insieme ad alcuni altri frati, di predicare la Crociata contro l'Impero Ottomano che aveva invaso la penisola balcanica. Percorrendo l'Europa orientale, il Capestrano riuscì a raccogliere decine di migliaia di volontari, alla cui testa partecipò all'assedio di Belgrado nel luglio di quell'anno. Egli incitò i suoi uomini all'assalto decisivo con le parole di san Paolo: «Colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento». L'esercito turco fu messo in fuga e lo stesso sultano Maometto II venne ferito.
Il suo culto come beato fu confermato il 19 dicembre 1650; fu canonizzato il 16 ottobre 1690 da papa Alessandro VIII.
Ogni tanto fa piacere vedere come qualche santo appartenga alla terra d'Abruzzo e si sia fatto conoscere al resto d'Europa attraverso importanti fatti storici.

lunedì 21 ottobre 2013

Sant' Orsola e compagne


Oggi si celebra Sant'Orsola martire assieme alle sue compagne, le cui ossa furono rinvenute durante alcuni scavi nell'VIII sec., col ritrovamento, a Colonia, presso una chiesa dedicata ad alcune vergini fino allora ignote. Si trattava, evidentemente, di antiche martiri, ma non si sapeva nulla della loro origine, del loro numero e del loro nome, e da qui iniziò la loro leggenda.

   Sì cominciò così a parlare di una principessa d'Inghilterra, venuta a morir martire sulle rive del Reno, insieme con le compagne. Si trovò poi nella stessa chiesa l'antica iscrizione sepolcrale di una bambina di 8 anni, e il suo nome, Orsola, venne attribuito all'immaginaria principessa. Vennero poi i suggestivi nomi delle sue vergini compagne Marta, Saula, Brittola, Gregoria, Saturnina, Sabazia, Pinnosa, Senzia, Palladia e Saturia. Dieci in tutto, e con Orsola undici.
 In realtà si trattava di qualche migliaio di fanciulle undicimila per l'esattezza, almeno quel che riportano le poche nozioni storiche giunte fino a noi, in futuro si narrerà la leggenda delle compagne e della loro principessa.

  Il racconto è il seguente: Orsola, era una fanciulla di rara bellezza, figlia di un re cristiano, venne chiesta in matrimonio da un principe, potentissimo, ma pagano. La fanciulla si era segretamente consacrata a Dio, ma non rifiutò né accettò la posta. Chiese tre anni di tempo, non per riflettere, ma per conoscere la volontà del Signore; la conversione del fidanzato, e mille compagne per sé e per ognuna delle sue dieci ancelle.

  La schiera delle undicimila fanciulle, guidata da Sant'Orsola, viaggiò in vari paesi, esercitandosi nella virtù ma anche negli onesti svaghi. Passò dall'Inghilterra al continente, su una flotta di undici navi.. Con queste risalì il corso del Reno, sostò a Colonia e giunse a Basilea. Dapprima quasi tutte le fanciulle eran pagane, ma l'esempio e la parola di Orsola riuscirono presto a convertirle, e tutte si battezzarono. Formavano una specie d'armata cristiana, ma ben diversa da quella dei feroci Unni, quando scesero a Roma, in devoto e variopinto pellegrinaggio.

  Ritornando in Germania, a Colonia, trovarono davvero gli Unni che assediavano la città sul fiume. La furia dei barbari si sfogò sulle cristiane fanciulle, martirizzate tutte in un sol giorno. Tutte meno una, Orsola, poiché Attila, il feroce capo degli Unni, si innamorò di lei, chiedendola in sposa, ma la fanciulla ufficialmente fidanzata al principe straniero e segretamente sposata a Gesù, rifiutò la proposta del re barbaro. Morì anch'ella, trafitta da innumerevoli frecce.

  Questa, in breve, è la leggenda di Sant'Orsola e delle sue undicimila compagne. Ella troverà poi il suo spazio nelle arti figurative, ispirerà poeti e pittori, la sua leggenda sarebbe sopravvissuta al massacro, attraverso il loro incredibile sacrificio, giungendo fino a noi.

   Leggenda, che ai giorni nostri trova una facile critica ridotta quasi a nulla. Ma nel quasi nulla, può ancora commuovere sottilmente anche noi, scettici e disincantati uomini moderni: poche reliquie di sconosciute martiri fanciulle, e l'iscrizione sepolcrale di una bambina di 8 anni, Orsola, morta innocente in una lontana colonia romana, lungo il Reno, all'orizzonte di una nuova civiltà appena nata.

venerdì 18 ottobre 2013

San Luca Evangelista

Oggi ci occupiamo di un santo molto importante uno dei quattro Evangelisti forse il meno conosciuto o nominato, per di più pagano, morto anche lui martire che ci ha fatto conoscere il cristianesimo in maniera del tutto nuova, narrando i fatti in base a testimonianze dopo la crocifissione.
Il terzo Evangelista non era ebreo, né di razza né di religione, anzi San Luca, fu greco di origine e pagano di religione.

Era di Antiochia, in Siria. Uomo colto, con inclinazioni artistiche e gusto letterario, era medico di professione. Quando si convertì, Gesù non viveva più sulla terra. Egli perciò non lo conobbe, non udì la sua voce, non vide il suo volto, come Matteo, il pubblicano, e Giovanni, il "discepolo prediletto", e forse anche Marco.

Il medico di Antiochia, divenuto affettuoso compagno dei discepoli e delle Pie donne, amico di Paolo, volle così narrare per la terza volta, dopo Matteo e Marco, la vita di Gesù. che egli non aveva conosciuto. Per far ciò, ricordò i racconti dei discepoli, le narrazioni delle donne, raccolse tracce e testimonianze, vagliò documenti e ricercò le tradizioni orali.
Verso l'anno 62, trascrisse il risultato dell'appassionato e ispirato lavoro, per la prima volta in lingua  greca, ne in ebraico ne in latino, ma ancor di più rimase nella storia per aver trascritto la sua opera in una lingua pagana.
 Luca al contrario degli altri evangelisti forse più menzionati, non narrò la vita di Gesù dal suo punto di vista, dato che non l'aveva conosciuto di persona poteva solo raccontare le testimonianza di quanti più lo amavano, e così fece, attraverso Luca conosciamo Gesù come anche la Madonna nel lato più umano se vogliamo la tenerezza della madre nei confronti del proprio figlio, i ricordi d'infanzia, la voce di chi l'ha conosciuto come uomo e come Messia.  Nelle pagine di Luca la Redenzione non era più un fatto nazionale o razziale, ma veniva esaltata nel suo valore universale, in una unione di popoli, non ideale, ma già in atto, come testimoniava lo stesso San Luca, greco di nascita e pagano convertito.

Ma Luca è soprattutto l'Evangelista dell'infanzia di Gesù e il biografo della Madonna. Il suo Evangelo, ordinato con rigorosa cronologia, degna di uno scienziato, composto con armonia ed eleganza, degne di un artista, ha inizio infatti con l'annunciazione e la concezione non di Gesù, ma, sei mesi prima, del precursore di Cristo, Giovanni detto il Battista.
 E in San Luca troviamo anche i più frequenti e più affettuosi accenni alla Madonna, la cui silenziosa presenza si avverte in ogni episodio evangelico. Si pensa perciò che San Luca abbia conosciuto la Madonna ancora viva, e da lei abbia ascoltato i particolari più intimi e più dolci dell'infanzia e della •vita di Gesù. E il ricordo della Madre, par che sia sempre davanti ai suoi occhi, mentre scrive la vita del Figlio, o racconta le parabole più belle, come quella del Figliuol Prodigo o gli episodi più suggestivi, come quello dei discepoli di Emmaus.

Dopo aver scritto gli Atti degli Apostoli, cioè la luminosa cronaca dei primi anni della Chiesa, dopo l'Ascensione e la Pentecoste; dopo aver accompagnato San Paolo nei viaggi; dopo essere stato a Roma, anche San Luca mori martire, ma non si sa dove né come, si suppone da qualche parte in Oriente.
La tradizione fa di San Luca non solo il protettore dei medici, accanto ai Santi Cosimo e Damiano, ma anche il Patrono dei pittori. Pittore della Madonna, di cui in molti luoghi si venerano antiche immagini che la leggenda dice dipinte dal pennello dell'Evangelista, non un vero e proprio pennello, ma con la penna delicata e sensibile, delineandoli con quella affettuosa tenerezza che fa apparire due figure bibliche coma Gesù e la Madonna più vicine a noi come esseri umani, facendoci sentire un po' più divini.

giovedì 17 ottobre 2013

Sant' Ignazio di Antiochia

Buongiorno a tutti in questi giorni d'autunno, dove non si sa ancora quale tipo di abbigliamento adottare dato il caldo che fa, sono stata un po' impegnata e questo mi ha tenuta lontana dal blog e da tutti voi che mi seguite ecco che oggi riprendo a postare qualcosina, l'autunno è un mese importante per tutti perché non è ancora natale ma già nell'aria c'è profumo di qualcosa di buono e di nuovo......non sto parlando delle castagne, ma della magia dell'autunno che fa colorare la natura di tutti quei colori che fa dell'autunno una stagione particolarmente carica di buoni propositi.
Oggi il santo del giorno è Sant' Ignazio di Antiochia.

Ignazio di Antiochia, detto L'Illuminatore, è stato un vescovo dell'Asia Minore dell'inizio del II secolo. Fu il secondo successore di Pietro come vescovo di Antiochia di Siria.
 Secondo fonti storiche a noi giunte, il giovane Ignazio crebbe in un ambiente dove ancora era forte l'influenza dei culti pagani; si convertì in età adulta. Nel 69, secondo la tradizione, fu nominato successore di Pietro alla sede episcopale d'Antiochia. Condannato ad bestias durante il regno dell'imperatore Traiano (98-117), fu imprigionato e condotto da Antiochia a Roma sotto la scorta di una pattuglia di soldati per esservi divorato dalle bestie feroci.
Nel corso del viaggio da Antiochia a Roma scrisse sette lettere alle chiese che incontrava sul suo cammino o vicino ad esso. Esse ci sono rimaste e sono una testimonianza unica della vita della chiesa dell'inizio del II secolo. Le prime quattro lettere furono scritte da Smirne alle comunità dell'Asia Minore, di Efeso, di Magnesia e di Tralli, ringraziandole per le numerose dimostrazioni d'affetto testimoniate nei suoi travagli.
Partito da Smirne, Ignazio giunse nella Troade, dove scrisse altre tre lettere: la prima ai Romani, supplicandoli di non impedire il suo martirio, inteso come desiderio di ripercorrere la vita e la passione di Gesù. Poi scrisse alla chiesa di Filadelfia e a quella di Smirne, chiedendo che i fedeli si congratulassero con la comunità d'Antiochia, che aveva sopportato con coraggio le persecuzioni ora ivi concluse. Scrisse anche a Policarpo, vescovo di Smirne, aggiungendovi interessanti direttive per l'esercizio della funzione episcopale, consigliandoli di «tenere duro come l'incudine sotto il martello» .
Le sue lettere esprimono calde parole d'amore a Cristo e alla Chiesa. Appaiono per la prima volta le espressioni "Chiesa cattolica" e "Cristianesimo", che sono ritenuti neologismi creati da lui. Le Lettere di Ignazio sono una finestra aperta per conoscere le condizioni e la vita della chiesa del suo tempo. In particolare appare per la prima volta nelle sue lettere la concezione tripartita del ministero cristiano: vescovo, presbiteri, diaconi. Altro tema significativo è la confessione della vera umanità di Cristo contro i docetisti, i quali sostenevano che l'incarnazione del Figlio di Dio fosse stata solo apparente.
Raggiunta Roma dopo il faticoso viaggio, Ignazio subì il martirio nell'Urbe. Fu esposto alle fiere durante i festeggiamenti in onore dell'imperatore Traiano, vincitore in Dacia.

Le sue ossa furono raccolte da alcuni fedeli e ricondotte ad Antiochia, dove furono sepolte nel cimitero della chiesa fuori della Porta di Dafne, dove però la pace fu turbata dall'invasione saracena, dopo gli eventi tumultuosi che caratterizzarono quel periodo storico, le reliquie furono ricondotte a Roma e lì sepolte nel 637 presso la basilica di San Clemente al Laterano dove tuttora riposano. La Chiesa cattolica celebra la sua festa il 17 ottobre, quella ortodossa il 20 dicembre.
facile immaginare del suo appellativo illuminatore, da pagano a martire cristiano passando per indicibili sofferenze alle quali lui non si è sottratto, ma vi è andato incontro a testa alta lodando il nome del Signore, in questo modo si sentiva in pace con se stesso per aver ridato luce alla sua anima, in quei secoli bui, dove molti fedeli ritrovarono la fede attraverso il suo dolore e le sue lettere colme di amore e di affetto per tutti noi, affinché possiamo attraverso la fede ritrovare il cammino smarrito e la fiducia in noi stessi.
A volte la vita ci mette di fronte a situazioni difficili forse troppo, ma non bisogna mai abbassare la testa ci si deve rialzare e sfidare a viso aperto i problemi, solo così si affronta la vita, rialzandosi dopo ogni frustata.

mercoledì 9 ottobre 2013

Santo del giorno San Giovanni Leonardi

Fglio di agricoltori benestanti il giovane Giovanni nacque nella Repubblica di Lucca in un villaggio chiamato Diecimo, in gioventù fu dedito agli studi di medicina durante questo periodo si avvicinò alla spiritualità dei Savonarola, per alcuni anni sotto la direzione dei Padri Dominicani esercitò la professione di speziale nel suo paese natale, finché nel 1568 decide di prendere i voti e di dedicarsi così allo studio della teologia, venne investito della carica di sacerdote nel 15782 e assieme ad altri due sacerdoti diedero vita ad una congregazione, qui intrapresero l'insegnamento del catechismo fondando così la Chiesa di Santa Maria della Rosa di Lucca, dove i sacerdoti della Congrega dei Preti Riformati si dedicavano allo sviluppo e all'insegnamento delle giovani menti che giunsero numerosi, e dopo poco tempo la Congrega venne elevata ad ordine religioso per merito di Gregorio XV, assumendo l'attuale nome di Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio,
una vittoria un successo che l'impetuoso Giovanni non poté godersi a lungo, poiché la sua mancanza di rispetto verso la Repubblica di Lucca e le successive accuse di disturbo di ordine pubblico, lo fecero espellere dalla Repubblica, e così trovò rifugio nella città eterna Roma.
 Nel 1596 papa Clemente VIII nominò il Leonardi "visitatore apostolico" e commissario con l'incarico di riformare, le congregazioni benedettine di Montevergine, di Vallombrosa, e di Monte Senario; fu anche incaricato dal pontefice di dirimere una controversia tra il vescovo di Nola ed il viceré di Napoli relativa al Santuario della Madonna dell'Arco.
Durante la sua permanenza a Roma Giovanni ebbe modo di conoscere un suo conterraneo Filippo Neri al quale espresse la volontà di recarsi come missionario nelle Americhe cosa che gli fu sconsigliata, nel frattempo si presenta una nuova occasione per proseguire ciò che a Lucca si era interrotto: l'insegnamento e la successiva diffusione del cristianesimo nel mondo. 

Al tempo in Vaticano c'era il prelato Juan Bautista Vives y Marja con il quale nacque un periodo di collaborazione dedita al riportare la fede nel paesi del Sudamerica, cosa che venne espressa in una lettera inviata a Papa Paolo V, insieme al prelato inoltre diede vita ad un movimento che dopo la sua morte avvenuta nel 1608 avrà il nome del Collegio Missionario di Propaganda.

Fu dichiarato venerabile da Clemente XI nel 1701 e venne beatificato il 10 novembre 1861 da Pio IX: Leone XIII volle nel 1893 che il suo nome fosse iscritto nel Martirologio Romano (cosa non ancora mai accaduta per i beati, ad eccezione dei pontefici); papa Pio XI lo canonizzò il 17 aprile 1938. L'8 agosto 2006 la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, in forza delle facoltà concessele da Papa Benedetto XVI, lo ha proclamato Santo Patrono di tutti i farmacisti.
Memoria liturgica il 9 ottobre.
Auguri a tutti i Giovanni

martedì 8 ottobre 2013

Santo del giorno San Felice

Auguri a tutti coloro che sono ''Felici'' di fatto e di nome si perché oggi si celebra in tutta Italia San Felice.
La ricorrenza cade ogni anno l'8 Ottobre, a celebrare il nome di un grande uomo che ha dato il suo fondamentale contributo per la diffusione del cristianesimo nel nord-Italia, non si sa molto sulla sua vita prima della vocazione, si suppone sia nato a Milano e che abbia vissuto li gran parte della sua giovinezza per poi prendere i voti, al contrario si sa molto della sua vita ecclesiastica specie se il suo nome appare in quel periodo, accanto a quello di un'altra prestigiosa figura cattolica Sant'Ambrogio se si parla di uno non si può parlare anche dell'altro si perché i due furono profondamente legati al movimento che li videro diffondere il Cristianesimo nel nord-Italia.
Sant'Ambrogio fu a capo della diocesi milanese tra il 374 e il 397 e proprio in quell'anno i due si incontrarono nacque così una duratura collaborazione fatta di aiuto e stima reciproca che portò alla propagazione del culto religioso, portando poco a poco la scomparsa di alcuni culti pagani ancora esistenti, così San Felice divenne uno stretto collaboratore anche e soprattutto dopo l'incoronazione di Teodosio il Grande, che nel 380 proclamò ufficiale la religione cristiana.
Inutile dire che di li a poco vi siano stati scontri e persecuzioni anche a nome dell'allora regnante che vennero pian piano a scomparire con la nomina a Vescovo di Como di San Felice nel 386, inviato successivamente da Sant'Ambrogio nella città per completare la sua evangelizzazione e dar così via ad una stabile e fiorente comunità cristiana.   

mercoledì 2 ottobre 2013

Santo del giorno giorno 2 Ottobre

SANTISSIMI ANGELI CUSTODI
L'angelo custode è un angelo che, secondo la tradizione cristiana, accompagna ogni uomo nella vita, aiutandolo nelle difficoltà e guidandolo verso Dio. L'angelo è invocato con la tradizionale preghiera dell'Angelo di Dio.
L'angelo custode è una figura ricorrente nella vita di molti Santi; in diversi Paesi vi è una forte e particolare devozione.
La Chiesa cristiana primitiva ereditò il concetto di "angelo" dal mondo ebraico, in cui l'esistenza di un anello intermedio fra Dio e l'uomo era garante della trascendenza divina e la presenza di una "corte" di angeli attorno a Dio era una necessaria conseguenza della sua maestà regale. Nello stesso ambiente precristiano era anche comune assegnare agli angeli il controllo dei fenomeni naturali (ad esempio nel Libro di Enoch il gelo, la neve e altri fenomeni) e in particolare identificare gli angeli con le stelle fisse e gli arcangeli con i sette astri mobili (cinque pianeti più il sole e la luna).
Il culto degli angeli aveva spesso eccessi, contro i quali la Chiesa lottò sin dall'inizio. L'opera di riflessione dei Padri della Chiesa trovò un primo tentativo di sistematizzazione dell'angelologia nel De coelesti hierarchia dello Pseudo-Dionigi l'Areopagita.
Fra i compiti degli angeli ben documentati nell'Antico Testamento vi era quello di guidare e proteggere l'uomo (ad esempio nel Libro di Tobia). Altro ruolo degli angeli descritto dall'Antico Testamento è quello di essere messaggeri di Dio per l'uomo. L'idea di uno spirito inviato dalla divinità a sorvegliare gli esseri umani o a comunicare loro la volontà divina, era già presente anche nella filosofia greca antica e nello stesso Platone nel suo Fedone.
L'idea, però, che ogni singolo uomo fosse affidato a uno specifico angelo, benché esplicitamente accennata era molto meno diffusa.
La credenza nell'affidamento di ogni uomo al suo angelo custode è in accordo con due principi generali:
  • Dio ama ogni uomo in modo individualizzato, in quanto persona irripetibile e inconfondibile;
  • La santità degli angeli e dei Santi comporta la loro partecipazione a questo amore divino. La santità è frontalmente opposta alla convinzione di Caino che un uomo non debba essere "il guardiano di suo fratello" (Genesi 4, 9).
La convinzione dell'affidamento non esclusivo di ogni uomo a un angelo è in accordo con questi principi anche se non deriva strettamente da essi. I suoi fondamenti, infatti, sono nell'interpretazione di alcuni passi scritturali, fra cui Matteo 18, 1-5.10, Luca 16, 22, Sal 34,8, Sal 91,10-13, Giobbe 33,23-24, Zc 1,12, Tb 12,12 e Esodo 23,20-23. La dottrina dell'Angelo Custode estende a ogni comunità e a ogni singola persona la promessa biblica: "io mando un angelo davanti a te per custodirti..." (Es 23,20), che si è realizzata per il popolo eletto.
La fede negli angeli custodi è ribadita nel Catechismo della Chiesa Cattolica all'art. 380.
Nel pensiero cattolico, quindi, ogni uomo è aiutato a vivere il pieno compimento del piano divino, nel proprio giusto cammino esistenziale, oltre che dalla grazia, dall'intelletto e dalla libera volontà nell'agire, anche dal proprio angelo custode.
Tra i Santi che hanno avuto una spiccata e notoria relazione con il proprio angelo custode ricordiamo san Pietro, san Tommaso d'Aquino, san Francesco di Sales, san Francesco d'Assisi, santa Gemma Galgani, santa Francesca Romana e San Pio da Pietrelcina.
Fino al V secolo nessun giorno particolare era dedicato agli Angeli Custodi, il cui ufficio cadeva il 29 settembre, in concomitanza con la festa di San Michele arcangelo. L'uso di una festa particolare nacque a Valencia nel 1411, quando si istituì una festa per l'angelo protettore della città. Anche in Francia ci fu un'iniziativa analoga. Durante il secolo successivo l'idea si diffuse dalla Spagna nel Portogallo e poi in Austria e nelle regioni italiane più influenzate dagli Asburgo.
Già nel Cinquecento nacquero le prime Compagnie dell'Angelo Custode, che si diffusero ampiamente agli inizi del Seicento sotto l'influenza della pubblicazione di diversi trattati teologici (cfr. bibliografia sottostante) e l'impulso di diversi ordini religiosi fra cui, ad esempio, i Padri Somaschi. La spinta decisiva venne da papa Paolo V, che in una bolla del 1614 assegnò specifiche indulgenze ai membri delle compagnie dell'Angelo Custode aggregate all'Arciconfraternita di Roma e che compissero particolari atti meritori.
In parallelo alla diffusione della pietà popolare ebbe luogo il riconoscimento liturgico della festa. Nel "Messale romano" di papa Pio V (1570) furono indicate quattro feste consacrate espressamente agli angeli, quelle dedicate agli Angeli Custodi (il 2 ottobre), all'arcangelo Gabriele, all'arcangelo Michele e all'arcangelo Raffaele. Soppressa da Pio V, la festa in onore degli Angeli Custodi fu ristabilita nel 1608 da Paolo V ed estesa alla Chiesa universale. Nel 1670 Clemente X la rese obbligatoria per tutta la Chiesa latina, sempre alla data del 2 ottobre.

martedì 1 ottobre 2013

Santo del giorno 1° Ottobre

SANTA TERESA DI LISIEUX
Thérèse Martin, ultimogenita di Louis Martin e Marie-Azélie Guérin (Zélie), nacque il 2 gennaio 1873 in rue Saint-Blaise 42, ad Alençon.
In gioventù entrambi i suoi genitori avevano desiderato abbracciare la vita consacrata, desiderio che nessuno dei due poté realizzare. La dimensione religiosa fu molto presente nella loro vita matrimoniale. I coniugi Martin sono venerati come beati dalla Chiesa cattolica. A metà marzo 1873, Thérèse fu data a balia presso una contadina, Rosa Taillè, dove visse per circa un anno. Thérèse Martin rimase orfana di madre all'età di quattro anni.
Alla morte di Zélie, lo zio Isidore Guerin, fratello della madre, fu nominato co-tutore delle cinque sorelle Martin. Il 15 novembre 1877, Louis Martin si trasferì a Buissonnets, nella periferia di Lisieux, per stare più vicino al cognato, che a Lisieux gestiva una farmacia. La cugina minore, Marie, fu compagna di giochi di Thérèse e ne diventò una delle sue allieve quando alla santa fu affidato l'incarico di maestra delle novizie.
Un legame quasi filiale legava Thérèse alle sue sorelle maggiori, Pauline e Marie. Nel 1882, quando Pauline entrò nel monastero carmelitane, la crisi innescata dalla morte della madre si acuì e Thérèse giunse a somatizzare il suo stato psichico. Avrebbe desiderato seguire la sorella in monastero, ma ciò le fu negato per la sua giovane età. Questa prima crisi si risolse nel giro di pochi mesi, ma si ripresentò con l'ingresso in convento dell'altra sorella, Marie, nel 1886.
Nella notte del successivo Natale, Thérèse Martin risolse la sua nevrosi e maturò in lei il desiderio di diventare monaca carmelitana, seguendo le orme delle sorelle.
Thérèse Martin seguì, per circa due mesi, sul quotidiano La Croix lo svolgersi del processo di Enrico Pranzini, che aveva assassinato tre donne. Thèrèse, in una sorta di sfida personale contro il male e quasi per provare la solidità della sua fede prese come compito quello di convertire il "grande criminale" coinvolgendo in quest'azione di preghiera anche sua sorella Celine. Gli sforzi di Thérèse furono in un certo senso ricompensati quando apprese dal giornale che, sul patibolo, Pranzini si pentì delle sue azioni e baciò il crocifisso dopo un primo rifiuto.
All'età di 14 anni Teresa decise quindi, seguendo l'esempio di Teresa d'Avila, di farsi monaca. Sebbene le monache del Carmelo avessero dato il loro parere favorevole, e il padre e con qualche difficoltà anche lo zio avessero dato la loro autorizzazione, per la sua giovane età trovò l'opposizione del parroco di Saint-Jacques, il reverendo Delatroètte, che le consigliò di rivolgersi al Vescovo. Nel novembre 1887 il vescovo di Bayeux, Flavien-Abel-Antoinin Hugonin, le negò il permesso e lei intraprese con il padre Louis e la sorella prediletta Celine un viaggio a Roma per rivolgere questa sua richiesta direttamente a papa Leone XIII.
Nel 1887, per i 50 anni di sacerdozio di papa Leone XIII, le diocesi di Coutances e di Bayeux organizzarono un pellegrinaggio a Roma, dal 7 novembre al 2 dicembre. Al viaggio partecipò un gruppo di 197 pellegrini, tra cui i Martin. Lungo il percorso, tra le altre città, Teresa fece sosta a Firenze presso il Convento di Santa Maria Maddalena dei Pazzi in Borgo Pinti.
A Roma, durante l'udienza con Leone XIII, nonostante il divieto di parlare in presenza del Papa imposto dal vescovo di Bayeux, Teresa si inginocchiò davanti al Pontefice, chiedendogli di intervenire in suo favore per l'ammissione in monastero. Il Papa tuttavia non diede l'ordine auspicato, ma le rispose che, se la sua entrata in monastero era scritta nella volontà di Dio, questo desiderio si sarebbe certamente adempiuto.
Sulla via del ritorno il vescovo cambiò opinione su Thérèse e diede il proprio permesso. A poco più di quindici anni, il 9 aprile 1888, Thèrèse assunse il nome di "Teresa del Bambin Gesù", aggiungendovi in seguito "del Volto Santo". Il suo nome completo da religiosa fu dunque "Teresa del Bambin Gesù del Volto Santo".
Nell'aprile del 1896 la monaca contrasse la tubercolosi, malattia che nel giro di 18 mesi la portò alla morte. In questo periodo Teresa subì una crisi profonda della fede: meditò di abbandonare il monastero e si sentiva spinta all'ateismo ed al materialismo. Questi mesi sono stati dalla religiosa definiti come "notte della fede".
A partire dall'8 luglio 1897 Teresa lasciò definitivamente la sua cella per l'infermeria del monastero.
La religiosa morì il 30 settembre, verso le 19 e 20. Il giorno dopo il suo corpo venne esposto nel coro, dietro le grate. Davanti al feretro sfilarono fino alla domenica sera parenti, amici e fedeli facendo toccare al corpo esanime di Teresa rosari e medaglie, secondo l'usanza di quei tempi. La mattina del 4 ottobre un carro funebre trainato da due cavalli condusse la salma nel nuovo cimitero delle Carmelitane e ne occupò il primo posto.
 


 

 

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