Oggi si spera che il vento porti via le nuvole, ma finora sta portando solo freddo, ma l'estate quando? Gli esperti parlano di Luglio beh speriamo.
Cirillo fu l'intrepido difensore della divina maternità di Maria,
il trionfatore di quel concilio di. Efeso che mise fine a un'insidiosa
controversia teologica che aveva contrapposto per anni le due sedi più
prestigiose dell'oriente: quella di Alessandria, in Egitto, della quale
era vescovo Cirillo, e quella patriarcale di Costantinopoli, retta da
Nestorio. Il patriarca Nestorio, intelligente e astuto la sua parte, si
era fatto portavoce di un'idea che, di primo acchito, poteva apparire
una sottigliezza bizantina, ma che in realtà smantellava uno dei dogmi
chiave del cristianesimo: l'incarnazione.
Nestorio si era messo a contestare il titolo di Theotékos, cioè «madre
di Dio», con il quale veniva onorata la Vergine Maria. «Tutt'al più —
affermava Nestorio — la potremmo chiamare madre di Cristo, cioè
Christotókos». Gli pareva assurdo che una donna potesse essere madre di
Dio.
La realtà era che quel Gesù che Maria aveva dato alla luce nella grotta
di Betlemme, era lo stesso Verbo vivente, generato dalla stessa sostanza
del Padre e che nel tempo si era fatto carne. Era insomma Figlio di
Dio. L'incarnazione non era una pura unità di relazione di due persone
in Cristo, quella divina e quella umana, ma un'unione sostanziale,
ipostatica come dicono i teologi. Quindi Maria è madre di Dio: questo
insegnava da sempre la chiesa universale. Proclamando queste tesi,
Cirillo si oppose alle novità di Nestorio: prendeva il via così una
contesa aspra e serrata, nella quale si intromise anche l'imperatore di
Costantinopoli, minacciando prima di esilio il vescovo di Alessandria e
passando poi alle vie di fatto, che per Cirillo vollero dire qualche
mese di duro carcere.
Ma il grande vescovo non si lasciò intimorire; per la difesa
dell'integrità della fede cristiana egli era disposto a tutto: «Noi per
la fede di Cristo — fece sapere a Nestorio — siamo disposti a subire
tutto: le catene, il carcere, tutti gli incomodi della vita, e la stessa
morte».
Battagliero più che mai, Cirillo diede fondo a tutto il suo coraggio,
controbattendo con acume e con dovizia di motivi tutti i sofismi di
Nestorio, il quale, a corto di argomenti, non trovò di meglio che
aizzargli contro i suoi seguaci i quali gli affibbiarono per spregio
l'appellativo di «faraone».
Allora Cirillo si appellò all'autorità del vescovo di Roma. «Degnateci
di dirci — scriveva a Celestino I — se dobbiamo restare in comunione con
Nestorio o se dobbiamo cessare ogni relazione».
Il papa gli rispose affidandogli la difesa dell'ortodossia. Intanto
l'imperatore di Costantinopoli, sperando nella vittoria di Nestorio,
decideva di convocare a Efeso un concilio per porre fine alle diatribe
teologiche che minacciavano di esplodere cruentemente in altre sedi. Ma
le cose non andarono come l'imperatore sperava e, nonostante il suo
appoggio, il patriarca Nestorio uscì da Efeso sconfitto. Cirillo, dotato
diprofonda cultura teologica, fu abilissimo nel confutare le posizioni
eretiche del suo avversario e nel far brillare in tutta la sua chiarezza
la dottrina della chiesa cattolica, così come appariva dalla
rivelazione.
«L'Emmanuele consta con certezza di due persone — aveva spiegato
all'assemblea attenta e desiderosa di essere illuminata —: di quella
divina e di quella umana. Tuttavia il Signore Gesù è uno, unico vero
figlio naturale di Dio, insieme Dio e uomo; non un uomo deificato,
simile a quelli che per grazia sono resi partecipi della natura divina,
ma Dio vero che per la nostra salvezza apparve nella forma umana». Con
questa illuminante sintesi di pensiero riuscì a convincere la quasi
totalità dei padri conciliari a proclamare Maria madre di Dio,
7heotókos. Ai legati, inviati del papa, non restò che sanzionare, e con
grande gioia, i decreti dell'assemblea. Il concilio di Efeso — si narra —
finì con una grande fiaccolata in nome di Maria, la vera trionfatrice
dell'assise, e alla cui esaltazione Cirillo dedicò alcuni dei suoi più
straordinari e appassionati sermoni.
Cirillo, teologo acuto e polemista indomito, fu anche un valido pastore
d'anime. Usò infatti gran parte della sua intelligenza nello sminuzzare a
uso dei semplici fedeli i concetti, non sempre accessibili, della
dottrina cristiana. Accanto alle opere esclusivamente di speculazione
teologica, ci sono state tramandate centocinquantasei Omelie sul Vangelo
di Luca e le Lettere pastorali. I meriti del battagliero vescovo stanno
comunque nella sua tenace fermezza posta alla difesa dell'ortodossia e
nella santità di vita. Tali meriti, almeno in occidente, gli vennero
però riconosciuti piuttosto tardi. Il suo culto venne infatti esteso a
tutta la chiesa latina soltanto sotto il pontificato di Leone XIII
(1882) e in tale data gli venne anche conferito il meritatissimo titolo
di dottore della chiesa.
sperando che l'estate torni presto
Fonti Vaticane e Wikipedia
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