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Nato probabilmente a Trento, Vigilio, qualche tempo dopo il 381
divenne vescovo della città (forse 385, sino al 405), terzo della serie
tridentina. Collocato in una regione periferica egli ebbe da Ambrogio
vescovo di Milano (circa 340397) le institutionis insignia, con una
lettera impegnativa sui modi dell'evangelizzazione (è la epist. 17). Il
momento della cristianità era infatti particolare: l'imperatore Teodosio
(379395) aveva reso la fede cristiana la sola legittima nell'impero
(mentre i Germani premevano sempre più: nel 410 avvenne il sacco di
Roma). Le conversioni in massa non erano conversioni intime e convinte,
mentre le istituzioni politiche tendevano a favorirle, anche con la
forza. Nella regione trentina la fede era stata annunciata in città,
dove una comunità senza dubbio esisteva, ma poco o nulla era avvenuto
nelle valli, anche in quelle più vicine. Il caso della Valle di Non fu
usato da Vigilo come un evento straordinario per la sua diocesi e per
tutta la Chiesa.
Egli aveva accolto, su indicazione di Ambrogio, tre giovani preti
arrivati a Milano dalla Cappadocia, non si sa bene se monaci: Sisinnio,
Martirio ed Alessandro. Il loro sodalizio con Vigilio pare simile a
quello che in quegli stessi anni realizza 7 Agostino come vescovo
(battezzato da Ambrogio nel 387 e dal 396 vescovo di Ippona), una
comunità di preti, non sposati, che vivono insieme al vescovo e si
dedicano all'evangelizzazione. I tre giovani vengono inviati, a questo
fine, nel territorio della Val di Non, ma nel 397 vengono uccisi: era
loro riuscito di costruire un luogo di culto, ci fu un contrasto tra
pagani e neoconvertiti che degenerò in rissa, e i tre, postisi a difesa
dei cristiani, furono sottoposti a diverse forme di martirio. Il fatto
era di per sé straordinario: che in uno stato cristiano, dove si
riteneva che i non cristiani fossero estranei alla sua vita e alla sua
amministrazione, dei cristiani e dei preti fossero messi a morte,
costituiva una eccezionale singolarità. Per questo Vigilio scrive il 29
maggio 397 una lettera a 7 Simpliciano, che era succeduto ad Ambrogio
sulla cattedra milanese, e l'anno dopo una seconda lettera al patriarca
di Costantinopoli, il grande l Giovanni Crisostomo. Il fatto così viene a
conoscenza di tutto il mondo cristiano (e con esso il nome di Vigilio e
di Trento). Ne scrivono, ricordandolo, tra gli altri, 7 Massimo di
Torino (tra il 398 e il 405), 7 Gaudenzio di Brescia (tra il 400 e il
402), lo stesso Agostino (nel 412), il diacono 7 Paolino nella Vita di
Ambrogio (verso il 422), e i nomi dei tre martiri figurano nel
Martirologio Geronimiano che viene costruito durante il secolo V.
Il nome di Vigilo è legato a questa vicenda, oltre che in genere alla
sua opera di vescovo evangelizzatore. Lo ricorda anche Gennadio di
Marsiglia nel suo De viris illustribus e una Vita (con più di una
variante o redazione) che lo descrive come martire mentre tenta di
evangelizzare un'altra valle, la Valle Rendéna: avendo abbattuto un
idolo, messosi a predicare, sarebbe stato lapidato dai pagani. Sulla
storicità del martirio di Vigilio qualche critico ha dubitato. La Vita
(BHL 8603) riflette la situazione della società cristiana del tempo in
cui fu scritta, probabilmente il secolo VI, e molti dati storici (come
il riferimento ad Aquileia invece che a Milano) si possono cosi
spiegare. Il martirio di Vigilio può essere la duplicazione immediata,
nella coscienza e nell'immaginario della gente trentina, di quello dei
tre giovani cappadoci, tanto nella loro vicenda egli stesso e la sua
comunità si era immedesimato. Ma il silenzio immediato sul martirio, se
ci fu, può anche essere dovuto al fatto che nessun altro personaggio di
rilievo poteva a Trento essere in grado di divulgare la notizia, come
Vigilio aveva fatto per i suoi compagni.
Il profilo agiografico di Vigilio è ad ogni modo quello del vescovo
evangelizzatore, che tutto dà al suo popolo, sino — se è il caso — al
martirio. Singolarmente mancano indizi sufficienti di una presenza
monastica accanto a Vigilio o di una sua esperienza monastica. Egli
opera infatti nell'egemonia del modello di Ambrogio Agostino.
Il suo corpo fu messo in un sepolcro, alla morte, nella chiesa
cimiteriale della città, chiesa che è poi diventata, dopo varie
strutturazioni e ricostruzioni, l'attuale cattedrale (sec. XIII). Molte
chiese gli sono dedicate in Italia del Nord (soprattutto in Trentino e
in Tirolo) e in Baviera. È rappresentato come vescovo, imberbe, con in
mano uno degli strumenti con cui fu ucciso. La sua festa ricorre il 26
giugno.
fonti vaticane e wikipedia
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