Una affermazione della numerologia avanzata da alcuni praticanti conclude che, dopo osservazioni empiriche e investigazioni, attraverso lo studio dei numeri l'uomo potrà scoprire aspetti segreti di sé stesso e dell'universo.

venerdì 7 giugno 2013

La Magia dei Salmi


“Elì Elì lama sabactani!”, Queste parole, che tradotte corrispondono alla ben nota invocazione del Cristo morente: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” sono tratte dal meno noto salmo 22 e si riferiscono esattamente ai primi due versetti del medesimo. Il particolare assume un significato realmente importante, se consideriamo che il Messia sigilla con questa frase l’atto conclusivo della propria missione terrena. Nel momento in cui si compie l’estremo sacrificio, si rivolge al Padre nelle ultime parole di un appello che si fa preghiera. Recitando l’inizio di un salmo.
Forse oggi può sembrare persino paradossale, ma fino a non moltissimi anni orsono parlare di salmi suscitava spesso inquietanti interrogativi relativi al termine stesso. Certamente non per quanti potevano disporre di un pur minimo bagaglio culturale religioso o esoterico, ma per molti questa antica parola restava (e ancora sovente rimane) avvolta nel mistero dei vocaboli astrusi.
Ultimamente questa singolare lacuna pare notevolmente ridotta, grazie anche alla straordinaria diffusione di testi occultistici, conseguenza diretta della “moda” o “interesse” per il magico e il misterico dilagata in special modo negli ultimi decenni.
In pratica risulta assai difficile oggi trovare un libro di magia o scienze occulte – dalle ristampe dei classici alle opere dei moderni e dei contemporanei – nel quale non vi siano riferimenti diretti o indiretti all’azione o al significato esoterico dei salmi. E questo legame ha radici antiche.
L’origine dei salmi rimane ancora oggi in gran parte un enigma, tuttavia è ormai opinione comune, suffragata da documenti di carattere storico inoppugnabili, che alla formazione del Salterio abbiano quantomeno contribuito le culture egizia e assiro-babilonese. G. Castellino, nell’opera “Le lamentazioni individuali e gli inni in Babilonia e in Israele” rileva tracce evidenti di influssi di impronta religiosa mesopotamica in vari salmi, come il 13, il 18, il 21 ed altri.
Dallo studio approfondito di A. Baruq (“L’Expression de la louange divine et de la prière dans la Bible et en Egypte”), nel quale l’autore analizza alla luce della letteratura egiziana i salmi biblici, si può inoltre facilmente giungere alla conclusione che i salmisti israeliti abbiano attinto ampiamente alla tradizione religiosa e iniziatica egizia1. A questo proposito, l’illustre storico delle civiltà del passato W. Durand pone in rilievo la evidente somiglianza tra il bellissimo Inno al Dio Unico Aton, attribuito al faraone monoteista Akhenaton e il salmo 104. Infine, può essere utile ricordare le ricerche svolte in anni più recenti da vari studiosi che hanno stabilito interessanti parallelismi tra il testo biblico, con particolare riferimento ai salmi, e il materiale letterario ugaritico, concernente i salmi, venuto alla luce a Ras Samra (l’antica Ugarit), mentre già nel 1936 H.L. Ginsberg, dall’analisi comparata dei testi, poteva affermare che il salmo 29 risultava un antico inno cananeo riguardante Baal, leggermente ritoccato per essere accolto nel culto di Jahvè.
Poter stabilire che la struttura di una parte cospicua dei salmi risulti sostanzialmente essai più antica del testo che fino agli inizi del secolo era ritenuto l’unica fonte originale, è da ritenersi d’importanza fondamentale ai fini di una ricerca organica e di un’interpretazione esoterica precisa, oltreché oggettiva.
Per quanto riguarda la denominazione “salmo”, risalente allo stesso Nuovo Testamento, risulta molto interessante osservare la derivazione dal greco “psaltèrion”, termine utilizzato per indicare lo strumento a corda – una specie di cetra – che accompagnava solitamente i canti e gli inni. Il titolo di “Salmi” che assume l’intera raccolta delle 150 composizioni liriche dell’Antico Testamento, proviene appunto dall’ebraico “Mizmor” (inno o canto che presuppone un sostegno musicale), mentre nella Bibbia ebraica il salterio veniva indicato con il termine “Theillim” (inni) o Sepher Theillim (Libro degli Inni o delle Laudi).
Il testo ufficiale e comune a ogni Antico Testamento comprende 150 salmi, sia nel “Testo Masoretico” (il testo ebraico originario, di struttura prevalentemente consonantica, la cui interpretazione vocalica è stata tramandata dapprima oralmente e poi fissata in scritto mediante un sistema di puntuazione elaborato dalle varie scuole rabbiniche, i “Masoreti”), sia nelle antiche traduzioni, dette “LXX” (greca) e “Volgata” (latina), da secoli le più note in Oriente e in Occidente.
L’ordine appare identico per tutti, ma non la numerazione, che risulta inferiore di un’unità in queste versioni, poiché i salmi 9 e 10 del Testo Masoretico sono uniti in uno solo nei LXX e nella Volgata (la differenza è in genere indicata tra parentesi). Così dicasi per il 114 e il 115 (riuniti nel 113), mentre laddove il Testo Masoretico ne riporta uno (116 e 147) il greco e il latino ne presentano due (114-115 e 146-147).
Il Salterio appare diviso in cinque libri (si presume che tale divisione sia anteriore al terzo secolo a.C.), forse ad imitazione del Pentateuco di Mosè, separati da brevi dossologie. Tuttavia già in tempi precedenti dovettero esistere tre raccolte più ampie, indicate dai critici come Jahvistiche (due parti) e Elohistica (una), in base al nome adoperato per designare la divinità (Jahvè o Elohim), risalenti al periodo precedente il 586 a.C. la prima, e dopo il 539 a.C. la seconda. A parte alcune discordanze dipendenti dalla versione esaminata, dell’intera serie dei salmi oltre sessanta vengono attribuiti al re Davide (73 nel T.M. e 85 nella Volg. – Da notare che a causa del ruolo dominante e della collocazione iniziale di gran parte dei suoi salmi, Davide passò nella tradizione giudaica e cristiana come unico autore), dodici ad Asaf, undici ai figli di Core, due a Salomone, uno a Heman e uno a Ethan. I rimanenti sono considerati anonimi.
Questa forma canonica del salterio s’impose tuttavia definitivamente molto tardi e non senza difficoltà (tardo X sec. d.C.). Il Salterio Copto comprende, infatti, 151 salmi, mentre l’antica versione siriana ne enumera ben 155. Le scoperte del Mar Morto hanno infine restituito l’originale ebraico del salmo 151 greco e i due ultimi della raccolta siriana. Questi particolari, pur senza togliere niente al valore complessivo dell’intero salterio, farebbero pensare alla possibilità di raccolte originariamente più complete o comunque ad un numero maggiore di salmi rispetto a quanto ufficialmente stabilito.
Il rapporto del salmo con il culto e il carattere liturgico dell’intero salterio appaiono evidenti e storicamente inconfutabili già nell’interno della tradizione religiosa ebraica. Molti riportano esplicite indicazioni a feste o riti particolari, altri si riferiscono alla liturgia del Tempio, o risultano dedicati ai pellegrinaggi, a particolari ricorrenze o a giorni specifici della settimana.
L’esplicito uso liturgico o l’accostamento a precise cerimonie o funzioni, fu adottato e ampiamente sviluppato dalla Chiesa cristiana, non solo nei testi canonici della liturgia, ma anche nelle opere riservate al culto e alle preghiere individuali o collettive. Vari riti, orazioni, benedizioni, terminavano o erano integrati dall’uso di salmi appropriati.
L’esempio migliore di cui disponiamo è costituito con ogni probabilità dal celebre “Rituale Romanum” del pontefice Paolo V (1605-1621). In questo interessantissimo testo fondamentale della rituaria cattolica “in quo, quale Parochis ad administrationem Sacramentum, Benedictiones et Conjurationes necessaria consentur, accurate sunt posita”, i salmi assumono un ruolo tuttaltro che marginale e ricevono la giusta collocazione nel contesto liturgico di primo piano riservato all’amministrazione di diversi sacramenti, alla visitazione e cura degli infermi, all’assistenza ai morenti, nell’officio dei defunti, nelle benedizioni, nelle preghiere e nelle processioni. Una parte considerevole dell’opera è dedicata alla soluzione dei problemi di vario ordine, o rivolta a interventi specifici riguardanti i casi di estrema necessità, mentre un’intera sezione è riservata alla pratica esorcistica. Il capitolo relativo, “De Exorcizandis Obsessis”, è ampiamente sostenuto dalla recitazione di sette salmi che costituiscono l’ossatura del testo esorcistico di base.
Nel tempo, l’accostamento del salterio a speciali preghiere, orazioni e benedizioni o l’utilizzazione di ogni singolo salmo per finalità di ordine liturgico e non, si è sviluppato e consolidato contribuendo a formare una tradizione a se stante, imperniata essenzialmente nella applicazione delle specifiche virtù dei salmi non più adattati a un contesto liturgico variamente articolato, bensì considerati come unico elemento rituario agente autonomamente e dotato di valori e caratteristiche peculiari. Il passaggio della pratica relativa ai salmi da un ambito di dominio quasi esclusivamente religioso e liturgico, a un terreno mistico e “magico”, esteso a un terreno d’azione più vasta, non priva di aspetti eterodossi (comprendenti finalità di impronta esoterica) e di componenti profane, è stato graduale e complesso.
La tradizione cristiana, relativa all’uso dei salmi per finalità trascendenti l’aspetto mistico e cultuale, ebbe un impulso decisivo agli inizi del secolo, grazie soprattutto all’opera dell’Abate Julio, arcivescovo della Chiesa Cattolica Francese, il quale riunì ed espose organicamente in alcuni volumi l’intera raccolta dei salmi, descrivendone estesamente significati e virtù. Monsignor Julien-Ernest Houssay (1844-1912), divenuto celebre con il nome di “Abbè Julio”, visse a stretto contatto con il fertile ed eclettico ambiente occultistico parigino del primo ’900, lasciando una serie di opere di carattere magico-religioso estremamente interessanti e la testimonianza di un elenco innumerevole di guarigioni prodigiose che spinse alcuni biografi a definirlo “il maestro dei miracoli”. Il suo profilo meriterebbe un capitolo a parte, solo per evidenziarne il generoso e coerente impegno dottrinale e l’originale metodo operativo che gli consentiva di coniugare l’antica tradizione cristiana con gli aspetti più luminosi e creativi delle dottrine occultistiche, con speciale riferimento alle possibilità terapeutiche. Ma i punti di merito che in questa sede desideriamo sottolineare sono essenzialmente due e si imperniano in primo luogo sulla attenta e meticolosa valorizzazione delle prerogative occulte dei salmi, alla quale è da attribuirsi gran parte dell’incremento della rituaria magica ed esoterica basata sui medesimi, tutt’oggi in pieno sviluppo. Di non minore importanza è da ritenersi inoltre la capillare azione di ricerca e di recupero dei testi più antichi e preziosi relativi alle pratiche religiose tradizionali in gran parte disperse o “dimenticate” in un buon numero di sacramentari, breviari, rituali, manuali di esorcismi o libri di preghiere e benedizionali più o meno canonici, apparsi prevalentemente tra il sedicesimo e il diciottesimo secolo.
Osserviamo per inciso che lo stesso R. Ambelain, noto e apprezzato esoterista francese, nonché autorevole biografo ed estimatore dell’Ab. Julio, tiene ad evidenziare questo significativo particolare: “Noi conosciamo molti sacerdoti e monaci che, non riuscendo più a reperire testi esorcistici, sono dovuti ricorrere alle opere dell’Abbè Julio”. E la nota vale ancora ai nostri giorni, anche per l’Italia. Se l’Abate Julio può essere considerato per molti aspetti il maggior esponente di una sorta di trait d’union tra due forme d’interpretazione dei salmi, la mistica o religiosa da una parte e l’occultistica e magica dall’altra, non dobbiamo dimenticare che parallelamente alla prima corrente si è sviluppata nel corso del tempo una tradizione esoterica – nascosta o segreta per ovvi motivi – che ha potuto perpetuare un corpus dottrinale prezioso quanto antico, comprendente la conoscenza e la “chiave” reale del valore e del potere dei salmi. Echi di tale conoscenza, filtrati dalle inevitabili, periodiche profanazioni, rimangono in opere di carattere cabalistico, magico-cerimoniale ed ermetico. “La Clavicola di Salomone” ad esempio (testo storico di fondamentale importanza, riguardante la magia rituale e talismanica, attribuito dalla leggenda al mitico mago-re), già nelle più antiche versioni greche o ebraiche, riporta una serie di pentacoli contornati da iscrizioni tratte dai versetti dei salmi, riferiti alle finalità o all’impronta planetaria della figura talismanica, o della sua specifica virtù. Vari “Libri del Comando” (come a esempio alcune versioni del 6° e 7° Libro di Mosè, numerosi manoscritti di Cabala Divina e Angelica, la Magia Suprema di David, Il Libro del Potere, l’Enchiridion di papa Leone III) scampati ai turbini della persecuzione, riportano incantesimi e formule consacratorie relativi all’uso di pentacoli, figure magiche e strumenti cerimoniali, in cui si fa esplicito ricorso alla lettura dei salmi. Ma la tradizione esoterica relativa ai salmi ha mantenuto la propria vitalità soprattutto all’interno delle maggiori scuole iniziatiche occidentali, caratterizzandone la rituaria interna.
L’Ordine Marinista e la Chiesa Gnostica, la “Myriam” di Kremmerz, l’Ordine Eudiaco di Durville, varie filiazioni rosacruciane e una parte considerevole della Massoneria – per non citare la galassia di gruppi e formazioni di varia impronta ed estrazione proliferati negli ultimi decenni – basano gran parte della struttura operativa magico-cerimoniale individuale e collettiva sul potere occulto dei salmi. Interi fascicoli concernenti la pratica riservata di organismi ermetici ed esoterici, sono dedicati a esempio all’applicazione terapeutica, propiziatoria e protettiva dei salmi, uniti sovente a specifiche “intelligenze” angeliche. A questo proposito dobbiamo sottolineare che un buon numero delle opere che trattano di magia angelica legata all’uso dei salmi è andato purtroppo perduto e tuttoggi è possibile documentarsi unicamente su rarissimi manoscritti sopravvissuti alla falce del tempo, peraltro sempre più difficili a reperirsi anche nell’antiquariato specializzato. Di questo prezioso patrimonio fa parte l’importante e inedito manoscritto “Cabale Divine” di Lenain, il noto autore dell’interessantissimo volume “La Science Cabalistique”2 (Amiens, 1823); si tratta di un’opera di 326 pagine, redatta sulla base di un precedente manoscritto attribuito a un non meglio identificato Th.Mar.Revu, comprendente la spiegazione delle virtù magiche di ogni singolo salmo, l’orazione, il sigillo dell’angelo preposto, e 311 talismani di vari colori. Di pari interesse e valore, conserviamo nei nostri archivi altri manoscritti, anonimi, tra i quali vogliamo citare “Cabale Divine; on ce trouve renfermé l’origine des 150 psaumes de David avec les divines intelligences et les merveilleuses caracteres – a Paris, 1761”, nel quale, oltre gli specifici attributi del salmi sono esposti i nomi e le cifre delle corrispondenti entità celesti3, così come in altre due opere, “Salmi – per le invocazioni secondo i propri bisogni” e “Scimus te Elim” – Vera Virtù dei Salmi di David Re d’Israello, estratta dagli antichi Cabalisti, e dalla lingua ebraica fedelmente tradotta colle intelligenze e caratteri che ad ogni salmo convengono”, oltre a varie versioni delle più note Clavicole di Salomone.
In anni più vicini a noi R.Ambelain, con il volume “La Cabbale Pratique”, ha cercato di ampliare l’opera del Lenain4 integrandone il testo riguardante le invocazioni angeliche (connesse all’uso dei salmi), con le cifre delle Intelligenze tratte dal manoscritto “Les Vrais Talismans Pentacles et Cercles” del tardo XVII secolo, conservato alla Bibliotheque de l’Arsenal di Parigi5. Ora, se consideriamo che gran parte di questo materiale proviene da testi o insegnamenti dottrinali risalenti con tutta probabilità a qualche secolo indietro – come testimoniano testi di cenacoli ermetici legati alla cultura neoplatonica del periodo umanistico rinascimentale, la cui struttura rituaria appare collegata all’uso dei salmi -  possiamo formulare un’ipotesi cronologica sull’origine della pratica magica ed ermetica unita al salterio, indubbiamente assai lontana nel tempo. Dobbiamo adesso cercare di comprendere il motivo per cui da secoli il salmo è ritenuto elemento attivo di primaria importanza nel contesto magico-operativo tradizionale e componente essenziale di pratiche realizzative (teurgiche, eoniche, talismaniche e cerimoniali) anche di notevole livello qualitativo e di alto spessore esoterico. Su questo importante aspetto possiamo ritenere preziose e illuminanti alcune indicazioni fornite dal Kremmerz, il quale in merito scrive: “Per invocare efficacemente vi sono riti e scongiuri, i latini li chiamavano “carmina”, gli ebrei “salmi”, gli italiani “incanti”. I salmi cosiddetti davidici sono magici e fanno parte del breviario dei preti, come pure sono gran parte dei riti di magia operante dell’evo medio. Il religioso che li brontola, vi dà il senso religioso; l’ermetista che si serve di qualcuno di questi salmi, vi dà la ‘virtù’ insita all’abitudine rituale per la quale fu sempre usato”. In questo passo troviamo una “prima chiave” interpretativa del valore magico dei salmi, riguardante una legge di fisica occulta tanto elementare nella sua apparenza quanto complessa e articolata nella sua profonda realtà e nelle innumerevoli applicazioni.
L’impulso iniziale intelligente fornito a un gesto, a una parola, a un segno, può essere valorizzato, potenziato e dinamizzato in termini di energia occulta dall’azione ripetitiva di tale atto iniziale, nella misura in cui il medesimo assume precisi connotati di esatta corrispondenza con un valore assoluto, ripropone ed estende in progressione matematica la propria impronta originale, stabilizza, moltiplica e accresce nel tempo la carica iniziale (o potenziale di base), secondo l’ampiezza del periodo di attivazione. In pratica, recitando un salmo con intenzioni ermetiche, si attinge a un serbatoio energetico invisibile alimentato da secoli di orazioni e preghiere, che in varia forma e misura hanno contribuito ad accrescerne valori e virtù nel tempo. Per questo motivo, secondo un concetto tradizionale, si ritiene particolarmente valida e attiva la versione latina o ebraica dei salmi, soprattutto se finalizzati a realizzazioni pratiche (o inseriti in un contesto operativo), considerata strutturalmente la più adatta alla applicazione e alla canalizzazione delle corrispondenti energie sottili e probabilmente la sola in grado di garantirne la continuità del valore magnetico. Dobbiamo considerare inoltre, e non come aspetto secondario, l’azione fonetica e il “potere” ritmico, o “musicale”, della recitazione, che incidono sensibilmente nella dinamica operativa. Abbiamo infatti già osservato che la fonte etimologica del salmo coincide con il nome di un caratteristico strumento adoperato per accompagnarne la recitazione cantata, e in questo preciso particolare troviamo un’interessante analogia con il termine “incantesimo”, da “incantatio” che chiaramente induce a riflettere. Ancora oggi ricorriamo al verbo “salmodiare” per indicare una forma di recitazione cantilenata, simile al ritmo monotono e cadenzato di una preghiera. Leggiamo insieme a questo proposito il significativo commento del Kremmerz: “Il mistero della parola e dei suoni in magia è profondo. Le vibrazioni che mettono in movimento l’etere nel mondo della materia sottilissima sono ritmiche per loro natura. La matematica sublime contiene le chiavi delle serie e dei rapporti tra le vibrazioni generate dalla volontà e la ripercussione dell’atto volitivo dall’etere sul mondo sensibile e visibile.
Le parole sono articolazioni di note musicale emesse dalla bocca, il cui suono viene modulato a volontà. Ogni nota rispondendo a una sillaba o ad una lettera ha un valore vibratorio sull’etere. Certi suoni emessi in modo speciale, agiscono potentemente sulla psiche umana, come la calamita sul ferro. Dunque la parola o il suono ritmico ha un’azione energica e sensibile sulle cose vive. Queste parole potenti sono canti e emissioni di articolazioni di volontà. Animate o no da idee concrete, queste parole sono tanto più potenti quanto hanno di magnetismo fissatovi dagli altri operatori e per quanto rispondono con suoni alle idee che si vogliono risvegliare”. Il quadro potrebbe essere infine ulteriormente e utilmente integrato dall’esposizione del significato dei segni e delle cifre, o caratteri magici, delle “Intelligenze” (meglio conosciute come angeli, geni o entità invisibili), preposte secondo la tradizione esoterica ad ogni singolo salmo, così come risulta dalle maggiori opere pubblicate sul tema e dagli antichi manoscritti di “magia divina e angelica” o di cabala operativa, già citati. Ma questo aspetto, peraltro vastissimo, merita necessariamente un’analisi a parte, che proporremo prossimamente.
di Pier Luca Pierini R.
Fonte:  Giuliano Kremmerz
Note:
Tratto da ELIXIR n° 10, con il permesso delle Edizioni Rebis.
1  L’ipotesi peraltro mi fu personalmente e ampiamente confermata dal noto studioso Boris de Rachewiltz.
2 La trad. italiana dell’opera è stata pubblicata con il titolo “La Magia Divina” dalle Ed.Rebis.
3  L’annotazione “Liber prohibitus”, apposta sulla prima pagina da mano diversa rispetto all’autore del manoscritto, la dice lunga sul giudizio e la considerazione delle quali godeva tale genere di opere in quel periodo.
4  Il Lenain in realtà non volle di proposito pubblicare anche le cifre, che consegnava rigorosamente e riservatamente a parte, unicamente ai propri discepoli
5  Queste cifre sono state riportate anche nella traduzione italiana “fuori commercio” dell’opera, curata nel 1984 da M.Bottazzi e dal suo gruppo, e in altri testi, tra i quali il mio “La Magia Astrale degli Angeli” (nella prima delle tre serie di cifre pubblicate nel libro), per il quale ho utilizzato tuttavia un altro manoscritto magico del VXII sec. La loro natura e il loro uso, oggettivamente controversi, costituiscono ancora oggi motivo di dibattito in alcuni ambienti esoterici o pseudo tali, parte dei quali vorrebbero attribuirgli aspetti e risvolti oscuri e pericolosi, o addirittura un’impronta demoniaca, “come tutti i libri conservati nella Bibliotheque de l’Arsenal”. A parte il fatto che chi lancia simili drammatiche accuse evidentemente non conosce né quella gloriosa biblioteca, né, tantomeno, i libri e i manoscritti, alcuni dei quali vere e proprie opere d’arte, che vi erano conservati, noi stessi possiamo tranquillamente testimoniare che in tanti anni di pratica diretta da parte di moltissime persone che hanno voluto sperimentarne l’efficacia, mai e sottolineo mai, abbiamo riscontrato un solo caso in cui si fosse verificato alcun genere di problema o di effetto nefasto, mentre al contrario, si sono rilevati numerosi episodi con esiti positivi e felici. Può darsi che qualcuno abbia avuto in passato risultati deludenti o negativi, come non di rado accade in ambito magico operativo quando i presupposti non sono corretti, ma occorrerebbe a questo punto domandarsi il perché, ovvero qual è stata la reale motivazione interiore (la purezza d’intenti richiesta nei testi di magia angelica ed eonica) che ha spinto l’operatore a “chiamare” o  “evocare” un’entità geniale che corrisponde – sovente si dimentica – a un angelo. Come i maestri ammoniscono, è evidente che se si pretende di piegare la volontà di un angelo o genio ai propri interessi egoistici o volgari, è molto probabile che si manifesti la controparte sinistra e oscura. E la risposta in questo caso non può che essere adeguata.

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