Il divin Maestro disse che il buon pastore dà la vita per le sue
pecorelle: e noi oggi ne vediamo un'illustre conferma in S. Giosafatte,
vescovo di Polvez e martire.
Nato a Vladimir in Polonia dalla nobile e cattolica famiglia Kuncewizio,
mentre fanciullo ascoltava la madre parlare della passione di Cristo,
un dardo partì dal costato del Crocifisso e andò a ferirgli il cuore.
Infiammato di amor di Dio e desideroso di perfezione, entrò nell'ordine
di S. Basilio, di cui a venti anni professò la regola. Andava a piedi
nudi nonostante l'eccessivo rigore dell'inverno in Polonia, non mangiava
mai carne, non prendeva mai vino se non per ubbidienza; mortificò le
sue membra con un asprissimo cilicio fino alla morte. Per questo meritò
di custodire illibato il giglio della purezza che ancor fanciullo aveva
consacrato alla Vergine delle Vergini: Maria SS.
In pochi anni di vita religiosa la fama della sua virtù e della sua
dottrina crebbe talmente, che, sebbene giovane, fu eletto abate del
monastero di Vilna, e poscia fu designato dal popolo come degno di
reggere la sede arcivescovile di Polvez.
Innalzato a questa onerosa dignità, senza cambiare nulla del tenore
della vita precedente, non pensò che al culto divino e alla salvezza
delle pecorelle affidategli. Energico difensore della unità e verità
cattolica, si adoperò con tutte le forze per ricondurre alla sede di
Pietro eretici e scismatici. Non cessò mai di difendere il Papa e la
pienezza della sua autorità dalle ingiurie impudentissime e dagli errori
degli empi. Fu il più zelante promotore dell'unione della Chiesa Greca
con la Latina. Erogò tutte le sue rendite nella costruzione di templi,
conventi ed altre opere pie: e fu tanta la sua liberalità verso i
poveri, che non avendo un giorno più nulla per soccorrere una vedova,
impegnò il suo pallio episcopale.
I Progressi della fede cattolica eccitarono l'odio di certi scismatici
ostinati, i quali ordirono una congiura per assassinare l'atleta di
Cristo.
Recatosi il Santo a Vitebsk per la visita pastorale, i cospiratori
invasero il palazzo vescovile, ferendo e massacrando quanti
incontrarono.
llora il pastore mitissimo si fece spontaneamente incontro a quei lupi, e
rivolgendo loro la parola: « Figliuoli, disse, perchè maltrattate i
miei familiari? Se avete qualcosa contro di me, eccomi ». E quelli,
precipitandosi su di lui, lo colpirono con bastonate ed uccisolo, lo
gettarono nel fiume. Era il 12 Novembre 1623: contava 43 anni. Il suo
corpo segnalato da una luce meravigliosa fu tratto dal fondo del fiume
ed esposto alla venerazione dei fedeli.
I primi a sperimentarne l'efficacia protettiva furono i suoi stessi
assassini che, condannati quasi tutti alla decapitazione, abiurarono lo
scisma e si pentirono del loro misfatto.
Pio IX il 29 giugno 1877 l'ascrisse solennemente nell'albo dei Santi, e
Leone XIII ne estese il culto a tutta la Chiesa cattolica.
PRATICA. Oggi compiamo bene le pratiche di pietà.
PREGHIERA. Signore, suscita nella tua Chiesa lo spirito onde il tuo
beato martire e vescovo Giosafatte fu ripieno fino a dare la vita per le
pecorelle, affinchè per sua intercessione, animati e fortificati anche
noi nel medesimo spirito, non temiamo di sacrificarci peri fratelli.
MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria della passione di san Giosafat
(Giovanni) Kuncewicz, vescovo di Polotzk e martire, che spinse con
costante zelo il suo gregge all’unità cattolica, coltivò con amorevole
devozione il rito bizantino-slavo e, a Vitebsk in Bielorussia, a quel
tempo sotto la giurisdizione polacca, crudelmente
fonti wikipedia e vaticane.
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