Dopo il Mille, e per più di 4 secoli, l'Italia tornò ad essere nel
mondo guida di civiltà e modello di benessere. Si ebbe infatti la
rottura del sistema feudale, chiuso e accentrato, nel quale l'unico
mestiere era quello delle armi, e le popolazioni erano costrette in
servitù. E fu una vera, anche se lenta, rivoluzione, affidata, più che
alle armi, all'opera di abili artigiani e di mercanti intraprendenti,
efficacemente appoggiati dalla Chiesa.
Il lavoro dei campi, riscattato, dette maggior frutto, e le città rette
in liberi Comuni prosperarono per nuove e redditizie attività. Le zone
di scambio si allargarono da città a città, da regione a regione, da
nazione a nazione, diffondendo i prodotti che la crescente ricchezza
richiedeva in crescente quantità. E gli artigiani italiani si dettero a
conciar le pelli, a sbalzare il rame, a batter l'argento, a cesellare
l'oro, a soffiare il vetro, a tinger le stoffe, a fucinar le armi.
Soprattutto, a filare e tessere panni di seta e più che altro di lana,
che i mercanti, lungo le rinnovate strade, dai ripristinati porti,
commerciavano in tutti i paesi del mondo.
La figura di Sant'Omobono, mercante di Cremona, per quanto Santo umile e
commerciante modesto, diventa così l'espressione caratteristica, anzi
ideale, di un'intera società, che rese l'Italia ricca di mezzi, di
opere, di gloria, di arte e — come sempre accade — di frutti spirituali e
tesori di santità.
Nella seconda metà del XII secolo, anche Cremona, come tutte le città
d'Italia, era un alveare di fervida attività. Per le viuzze medievali,
accanto agli arcigni palazzi della vecchia nobiltà, ogni porta che non
fosse una bottega artigiana, era il fondaco di un mercante o il « banco »
di un banchiere.
Uno di questi fondaci cremonesi apparteneva ad un mercante buono anche
nel nome: Omobono. Un piccolo commerciante, che non avrebbe potuto
rivaleggiare, per esempio, con il suo ricco contemporaneo Pietro
Bernardone, padre di San Francesco, che da Assisi trafficava grosse
partite di lana acquistata sui mercati di Francia, e detta perciò «
francesca ».
Omobono era un mercante scrupolosissimo, come se ne trovano pochi —
dicono i maligni. — E la mercatura, che faceva ricca l'Italia, rendeva
bene anche al mercante cremonese, nonostante la sua specchiata onestà
negli affari; anzi, proprio per questa sua onestà. Egli rispettava gli
Statuti delle Corporazioni cittadine, osservava le leggi civili, ma
soprattutto seguiva quella legge della coscienza che la Chiesa insegnava
— e insegna ancora — non solo ad Omobono e non solo a Cremona, ma a
tutti i cristiani di tutto il mondo.
I proventi della mercatura, non dovevano però servire soltanto ad
aumentare la ricchezza di Omobono. Dovevano soddisfare un altro
insegnamento della religione cristiana, ancora più alto: quello della
carità. Carità materiale, nell'assistenza generosa dei poveri e dei
bisognosi; e carità spirituale verso gli afflitti, i tribolati,
gl'ignoranti, i dubbiosi. Privo di figli, Omobono aveva una moglie,
onesta e virtuosa sì, ma non al punto di approvare l'inesauribile
generosità del marito e di non rimpiangere tutto ciò di cui egli si
privava. Cosicché uno dei meriti di sant'Omobono fu quello di persuadere
anche la moglie alla carità evangelica da lui praticata.
Né aspettava, per recarsi in chiesa, di esser libero dai suoi affari.
Anzi, si dedicava al lavoro solo quando era libero dalle pratiche di
cristiana pietà. E un giorno del 1197, mentre era alla Messa, in
ginocchio davanti all'altare, giunto al « Gloria in Excelsis », allargò
le braccia e le richiuse come in un abbraccio. Al Vangelo, non fu veduto
rialzarsi. Se ne era andato così, in pace e in silenzio, verso la
gloria dei Cieli.
Allora, solo allora, i cittadini di Cremona, gli artigiani indaffarati, i
mercanti preoccupati, si resero conto che era vissuto tra di loro, nel
fondaco oscuro e modesto, un vero Santo, un Santo di nuovo tipo. E con
professionale decisione e rapidità, presentarono al Papa la causa di
canonizzazione.
Così, appena due anni dopo, nel 1199, Omobono era Santo, le sue reliquie
riposte nel Duomo di Cremona, centro di devozione e di prodigi. Egli è
invocato come protettore dei mercanti, subito dopo il grande figlio di
Pietro Bernardone, mercante di lana francesca. E i sarti l'hanno preso
come loro Patrono, non perché Sant'Omobono fosse sarto, ma perché visse
in mezzo alle pezze di panno, nel fondaco dove esercitò la mercatura e
al tempo stesso la santità.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Cremona, sant’Omobono, che, negoziante, mosso
da carità per i poveri, rifulse nel raccogliere ed educare i ragazzi
abbandonati e nel riportare la pace nelle famiglie.
fonti wikipedia e vaticane.
Nessun commento:
Posta un commento