SAN CORRADO CONFALONIERI
Nato nel 1290 ca. da nobile famiglia a
Piacenza, Corrado Confalonieri viveva secondo il suo stato, fra
divertimenti e onori. All’età di venticinque anni ca., mentre era
sontuosamente a caccia, con servi, cavalli, cani, furetti, falconi e
astori, non riuscendo a stanare i conigli, fece appiccare il fuoco alla
sterpaglia; l’incendio, alimentato dal vento, recò danni alle
coltivazioni vicine e distrusse tutto. Non riuscendo a domarlo,
tristemente se ne tornò a casa. Saputasi la cosa in città, le guardie di
Galeazzo Visconti, signore di Piacenza, andarono sul luogo, e, trovato
un uomo, credendolo colpevole, lo condussero in giudizio, dove fu
condannato a morte, perché il danno era stato grandissimo. Corrado viene
a conoscenza della ingiusta condanna, libera il malcapitato, affronta
l’ira del Visconti, che, non potendolo condannare a morte perché nobile,
lo priva dei suoi beni in città e fuori, riducendolo alla massima
povertà. Corrado, spogliato delle ricchezze del mondo, decide di servire
Dio.
Dopo avere raccomandati i servi a Dio, va a vivere in povertà fra un
gruppo di religiosi; da essi viene accolto nell’Ordine e ammaestrato
sulla via da seguire. Fatto un pellegrinaggio a Roma, se ne allontana e
si reca in Sicilia, a Noto, nelle cui vicinanze resterà fino alla morte,
in soltitudine eremitica, senza tralasciare i contatti con gli abitanti
del luogo. In un primo momento era vissuto alle Celle, presso Noto, con
il beato Guglielmo Buccheri. Ma, poiché i Netini lo riverivano troppo,
volle allontanarsi un poco, per maggiore solitudine.
La preghiera e il lavoro manuale sono la sua vita quotidiana, austera e
parca nel cibo, tanto che le sue tentazioni sono soprattutto di gola;
ma la sua perseveranza è fortissima e il diavolo, contro il quale
combatte in continuazione, se ne torna sempre sconfitto.
Nella Vita beati Corradi, il più antico documento che abbiamo, scritta
in dialetto siciliano da un anonimo verso la fine del Trecento, sembra
di rileggere episodi e stile di vita come nei Fioretti di san Francesco e
nelle Vitae Patrum (le vite degli antichi eremiti), oltre che nei
Dialoghi di Gregorio Magno: aneddoti, miracoli, preghiera: anche gli
uccelli si appoggiavano sulle sue spalle e sulle sue mani e cantavano
dolcemente. Guarisce, con la preghiera e il segno della croce, un
bambino ammalato di ernia: questo è il primo miracolo. La fama di fra
Corrado diventa sempre maggiore, ma egli torna nella sua spelonca a
lodare Dio, a cui umilmente attribuisce tutto il bene che opera. Lì è
visitato dal vescovo di Siracusa, che ne riconosce la santità; al
vescovo ed al suo seguito Corrado offre pane fresco, miracoloso, e, alla
meraviglia del prelato, si dichiara peccatore aggiungendo che “Dio ha
fatto questa cosa, per sua grazia”. Il santo, poi, andrà a Siracusa a
parlare con il prelato, segno della sua venerazione per la gerarchia
ecclesiastica, in un periodo in cui spesso i rapporti fra gli uomini di
chiesa erano abbastanza turbolenti, specialmente per i problemi sulla
povertà, che l’Ordine francescano aveva al suo interno e con la Curia
papale ad Avignone.
Per accostarsi ai sacramenti della confessione e della comunione andava a Noto, dove c’era un prete suo devoto.
Nella Vita traspare anche la sua devozione verso la vergine Maria, come
dimostra la preghiera, che il frate recita ad un suo amico e devoto, che
gli aveva chiesto di insegnargli a pregare. Il suo saluto era
l’evangelico e francescano (con molta probabilità il santo apparteneva
al Terz’Ordine): “La pace sia con te”, oppure: “Cristo ti dia la pace”.
Dopo avere profetizzato prossima la morte, raccomandata l’anima a Dio,
il santo muore, mentre ad Avola e a Noto le campane suonano da sole,
annunciando così il glorioso trapasso. Gli abitanti delle due città
accorrono per avere le reliquie; nello scontro, durissimo come una
battaglia, grazie all’intervento miracoloso, nessuno resta ferito,
nonostante le molte armi. Il fatto che il corpo di Corrado rimase fra i
Netini dimostrò la volontà di Dio; fu perciò portato nella Chiesa Madre
di Noto, dove fu seppellito. E nella Cattedrale barocca di Noto ancora
oggi è conservato, in un’arca di argento di pregevole fattura, sulla cui
sommità Cristo risorto è speranza e certezza di resurrezione per tutti.
Beatificato da Leone X nel 1515, Urbano VIII, nel 1625, concesse ai
francescani di celebrarne la festa con Messa e Ufficio propri. Alcune
notizie della sua vita, trasformate dalla leggenda, si sono imposte
anche nell’iconografia, come il suo separarsi dalla sposa, che si fa
monaca; nelle fonti però non c’è accenno a questo matrimonio.
Generalmente il santo è rappresentato come un vecchio, che dimostra
molto più dei suoi anni, con la barba fluente, vestito da francescano,
davanti ad un crocifisso e con il bastone a tau.
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