Una affermazione della numerologia avanzata da alcuni praticanti conclude che, dopo osservazioni empiriche e investigazioni, attraverso lo studio dei numeri l'uomo potrà scoprire aspetti segreti di sé stesso e dell'universo.

martedì 17 settembre 2013

Santo del giorno 17 Settembre

SAN ROBERTO BELLARMINO
Terzogenito di cinque figli, nacque in una famiglia di Montepulciano di nobili origini, sia per parte paterna che materna, ma in via di declino economico. Suo padre, Vincenzo Bellarmino, fu gonfaloniere di Montepulciano, e sua madre, Cinzia Cervini, molto pia e religiosa, era sorella di papa Marcello II. Fu battezzato dal cardinale fiorentino Roberto Pucci al quale probabilmente deve l'onore del suo primo nome, mentre il secondo è in riferimento a Francesco d'Assisi, il santo onorato il 4 ottobre giorno della sua nascita; Romolo fu dato in onore di un antenato della famiglia.
Fin da piccolo ebbe una salute precaria e una forte inclinazione per la Chiesa. Dopo una iniziale educazione in famiglia, vista l'inclinazione religiosa, fu inviato per gli studi presso i padri gesuiti da poco arrivati anche a Montepulciano, dei quali sua madre aveva grande stima. All'età di sedici anni espresse l'intenzione di entrare nell'ordine gesuita, ma suo padre preferiva inviarlo a Padova per indirizzarlo al clero secolare convinto che le ottime doti del figlio, gli avrebbero permesso di fare una buona carriera ecclesiastica con miglioramento economico della intera famiglia. Roberto perdurò nel suo intento di farsi gesuita e si consolò sapendo che anche un suo cugino di Padova Ricciardo Cervini era desideroso di entrare nel nuovo ordine religioso. Suo padre alla fine concesse il permesso. A diciotto anni entrò con il cugino presso il Collegio romano il 20 settembre 1560 e il giorno dopo fecero la loro prima professione religiosa. Suo cugino Ricciardo Cervini morì solo quattro anni dopo il loro ingresso in noviziato.
Nonostante la sua parentela con un pontefice, fu riconosciuta la sua umiltà e il suo impegno negli studi e si affermò che la sua vita si confaceva ad uno dei suoi libri spirituali più seguiti, l'Imitazione di Cristo.
Fin da giovanissimo mostrò doti letterarie ed ispirandosi agli autori latini come Virgilio, compose diversi piccoli poemi sia in lingua volgare che in lingua latina. Uno dei suoi inni, dedicato alla figura di Maria Maddalena, fu inserito poi per l'uso nel breviario.
Studiò nel Collegio romano dal 1560 al 1563, e fu condiscepolo di Cristoforo Clavio. Iniziò successivamente ad insegnare materie umanistiche sempre in scuole del suo ordine religioso, prima a Firenze e poi a Mondovì; in questa cittadina piemontese, si distinse come predicatore, nonostante non fosse ancora ordinato sacerdote, e si applicò allo studio del greco.
Nel 1567 iniziò a studiare in modo sistematico teologia a Padova, dove approfondì in particolare l'opera di san Tommaso d'Aquino. Dopo aver visitato Genova per un incontro di gesuiti, avendo dimostrato ottime qualità di predicatore, fu inviato nel 1569 da Francesco Borgia, preposito generale dell'ordine dei gesuiti, a Lovanio nelle Fiandre, allora facente parte dei Paesi Bassi spagnoli; qui aveva sede una delle migliori università cattoliche e il giovane Bellarmino vi completò gli studi teologici, trovando inoltre l'ambiente adatto per acquisire una notevole conoscenza sulle eresie più importanti del suo tempo.
Dopo l’ordinazione sacerdotale avvenuta a Gand il 25 marzo del 1570, domenica delle palme, guadagnò notorietà sia come insegnante sia come predicatore; in quest’ultima veste era capace di attirare al suo pulpito sia cattolici che protestanti[1], persino da altre aree geografiche.
Gli fu conferito l'insegnamento della teologia a Lovanio nel 1570, e qui rimase per sei anni, fino al 1576, distinguendosi per l'eloquenza e per la capacità di controbattere le tesi calviniste, che si diffondevano ampiamente nei Paesi Bassi spagnoli, Venne quindi richiamato a Roma da papa Gregorio XIII che gli affidò la cattedra di "controversie" (apologetica), da poco istituita nel Collegio romano, attività che svolse fino al 1587. Da poco tempo si era concluso il concilio di Trento e la Chiesa cattolica, attaccata dalla Riforma protestante aveva necessità di rinsaldare e confermare la propria identità culturale e spirituale. L'attività e le opere di Roberto Bellarmino si inserirono proprio in questo contesto storico della Controriforma.
Gli studi che intraprese per applicarsi nell'insegnamento e nelle lezioni, confluirono successivamente nell'opera di più volumi Le controversie (Disputationes de controversiis christianae fidei adversus hujus temporis haereticos), che rappresenta il primo tentativo di sistematizzare le varie controversie teologiche dell'epoca, ed ebbe risonanza in tutta Europa. Nello scritto Bellarmino esponeva in modo chiaro le posizioni della Chiesa cattolica senza polemica nei confronti della Riforma, ma solo usando gli argomenti della ragione e della tradizione. Presso le chiese protestanti in Germania ed in Inghilterra furono istituite specifiche cattedre d'insegnamento per tentare di fornire una replica razionale agli argomenti dell'ortodossia cattolica difesi da Bellarmino. L'opera è ritenuta la più completa nel campo apologetico, anche se l’avanzamento degli studi critici ha diminuito il valore di alcuni degli argomenti storici. La sua azione a difesa della fede cattolica, gli valse l'appellativo di "martello degli eretici".
Nel 1592 Bellarmino divenne rettore del Collegio romano, incarico che svolse per circa due anni fino al 1594. Nel 1595 divenne preposito dell'ordine gesuita per la provincia di Napoli.
Nel 1597 papa Clemente VIII lo richiamò a Roma, dopo la morte nel settembre 1596 del suo consultore teologo pontificio, il cardinale gesuita Francisco de Toledo Herrera. Bellarmino fu allora nominato consultore teologo, oltre che "esaminatore per la nomina dei vescovi" , "consultore del Sant'Uffizio" e teologo della sacra penitenzieria. Sempre nel 1597 dopo la morte senza eredi del duca Alfonso II d'Este, lo Stato della Chiesa rientrò in possesso dei territori del ducato di Ferrara e Bellarmino accompagnò il papa in visita nel nuovo territorio.
Nel concistoro del 3 marzo 1599 il papa lo fece cardinale presbitero e il 17 marzo gli consegnò la berretta rossa con il titolo di Santa Maria in Via, indicando la motivazione di questa nomina con le parole: La Chiesa di Dio non ha un soggetto di pari valore nell'ambito della scienza. Si racconta che Bellarmino tentò in tutti i modi di far cambiare idea al papa, non volendo ricevere questa carica, ma il pontefice alla fine glielo impose con la superiore autorità. Negli anni successivi Bellarmino fu bonariamente descritto come "il gesuita vestito di rosso", in relazione all'abito cardinalizio che contrastava con la tonaca nera dei gesuiti. Nonostante questa nomina, egli non cambiò il suo austero e sobrio stile di vita, e tutte le sue rendite e gli introiti economici conseguenti alla sua nomina e alle sue attività furono massimamente devolute per i poveri.
Il papa lo nominò il 18 marzo 1602 arcivescovo metropolita di Capua, sede resasi proprio allora vacante. Clemente stesso volle consacrarlo con le sue mani, un onore che abitualmente i papi concedono come segno di stima speciale. Durante il suo ministero episcopale a Capua si distinse per santità e dottrina. Appena arrivato in diocesi volle conoscere le famiglie più povere che visitava e sosteneva regolarmente. Celebrò diversi sinodi diocesani suscitando una nuova ondata di cristianesimo già molto presente in quella terra della Campania che ha conosciuto in età apostolica l'annuncio del Vangelo. A lui si deve la fondazione del seminario di Capua, uno dei primi dopo la riforma tridentina. Visitava molto spesso le parrocchie e per i parroci scrisse un catechismo che fosse loro di aiuto per la catechesi e la predicazione. Roberto Bellarmino "era amato dal popolo e lui, da parte sua amava il popolo". La Chiesa di Capua entrò nel suo cuore e non la dimenticò più. Quando fu richiamato a Roma non fu facile per lui lasciare questa gloriosa arcidiocesi alla quale per tre anni si era dedicato con tutte le sue energie, tanto che ebbe a dire: " La mia patria è Capua, la mia casa la sua cattedrale, la mia famiglia il suo popolo". Il cardinale Bellarmino ricorderà per sempre la comunità che ha guidato come successore degli Apostoli e per la quale fu consacrato vescovo. Persino prima poco di morire dirà che a Capua avrebbe fatto ancora molto più bene rispetto a ciò che aveva realizzato a Roma. Il suo spessore umano, culturale e teologico ancora oggi fanno di Capua una arcidiocesi ricca di cultura. A lui l'arcivescovo Luigi Diligenza ha dedicato l'Istituto Superiore di Scienze religiose, scuola di teologia per i fedeli di Capua e di alcune diocesi limitrofe. Per volontà dell'arcivescovo Bruno Schettino, in suo onore il 17 settembre la comunità diocesana si riunisce in Cattedrale per dare inizio all'anno pastorale ed affidare la vita dell'arcidiocesi alla protezione del suo santo pastore San Roberto Bellarmino.
Nel marzo del 1605 Clemente VIII morì e gli succedettero prima Leone XI, che regnò per solo ventisei giorni, e poi Paolo V. Nel primo e nel secondo conclave, ma soprattutto in quest'ultimo, il nome di Roberto Bellarmino fu spesso dinanzi alle intenzioni degli elettori, specialmente a motivo delle afflizioni subite, ma il fatto che fosse un gesuita costituì un impedimento secondo il giudizio di molti cardinali. Racconta Ludwig Von Pastor, storico vaticanista, che nei primi giorni del secondo conclave del 1605 un gruppo di cardinali tra i quali Baronio, Sfondrati, Aquaviva, Farnese, Sforza e Piatti, si adoperarono per far eleggere il cardinale gesuita Bellarmino, ma che questi fosse contrario, tanto che saputo della sua candidatura rispose che avrebbe volentieri rinunciato anche al titolo cardinalizio. Il suo appoggio durante il conclave sembra fosse rivolto verso il cardinal Baronio.
Il nuovo papa Paolo V, eletto con l'accordo delle maggiori potenze cattoliche, insistette nel tenerlo con sé a Roma, e il cardinale chiese di essere dunque esonerato dal ministero episcopale. Fu nominato membro del Sant'Uffizio e di altre congregazioni, e successivamente consigliere principale della Santa Sede nel settore teologico della sua amministrazione.
Un episodio importante lo vide protagonista il 29 maggio 1608 durante un Concistoro presieduto dal Papa Paolo V in onore di Francesca Bussi dei Ponziani la famosa Santa Francesca Romana, dove Roberto Bellarmino espose un elogio alla religiosa che convinse la maggior parte dei partecipanti a chiudere definitivamente il processo di beatificazione che era giunto ad una fase di stallo da quasi due secoli. Fu la prima donna beatificata dopo Santa Caterina da Siena nel 1461.
Il cardinale Bellarmino fu nominato Camerlengo del Sacro Collegio dal 9 gennaio 1617 all'8 gennaio 1618; successivamente fu Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti e poi della Sacra Congregazione dell'Indice.
Egli visse ancora per assistere ad un altro conclave, quello che elesse Gregorio XV nel febbraio 1621. La sua salute stava rapidamente declinando e nell’estate dello stesso anno gli fu permesso di ritirarsi a Sant’Andrea al Quirinale, sede del noviziato dei gesuiti, per prepararsi al trapasso. Qui spirò il 17 settembre 1621 tra le ore 6 e le 7 del mattino. Alla sua morte il suo corpo fu deposto nella cripta della casa professa, la Chiesa del Gesù a Roma e dopo circa un anno fu posto nel sepolcro che aveva ospitato il corpo di Sant'Ignazio di Loyola. Di lui disse Francesco di Sales che era "fontana inesauribile di dottrina". È il Patrono, insieme a Santo Stefano Protomartire, dell'Arcidiocesi di Capua.

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