SANTA FINA DA SAN GIMIGNANO
Fina dei Ciardi nacque a San Gimignano nel 1238.
Era figlia di Cambio Ciardi e di Imperiera, una famiglia di nobili
decaduti. Visse tutto il tempo della sua breve esistenza in una modesta
abitazione situata nel centro storico della città turrita, nel vicolo
che oggi porta il suo nome.
Ebbe una vita molto umile e sin da piccola coltivava la devozione per la Madonna: si dice che uscisse di casa quasi ed esclusivamente per andare a Messa. Le notizie sui primi dieci anni di Fina sono pressoché assenti, tranne alcune leggende che furono divulgate dopo la sua morte.
La triste svolta nella vita di Fina ebbe luogo quando nel 1248 fu colpita da una grave malattia (probabilmente una forma tubercolare tipo osteomielite o coxite).
Qui iniziò un vero e proprio calvario fatto di dolori fisici e
disgrazie familiari ed alleviato soltanto dalla sua profonda fede. Ella
rifiutò un comodo giaciglio decidendo di rimanere immobile su una tavola
di legno di quercia.
Col passare del tempo e con l'acutizzarsi della malattia, il suo corpo
si impiagò a tal punto che si attaccò al legno della tavola e la sua
putrida carne divenne cibo per vermi e topi. Durante la sua malattia
perse il padre e successivamente la madre per una caduta accidentale.
Nonostante queste avversità lei, nella sua povertà, ringraziava Dio e
desiderava sempre più la separazione della sua anima per unirsi al suo
sposo Gesù Cristo. Questa immensa devozione fu un esempio per tutti i sangimignanesi che
si recavano sovente a trovare la povera ammalata i quali
sorprendentemente ricevevano parole di conforto da parte di una
fanciulla che, nonostante le sofferenze subite, si mostrava serena e
rassegnata al volere del Signore. Il 4 marzo 1253,
dopo cinque anni di sofferenze passate sulla durezza di quella tavola,
mentre le nutrici Beldia e Bonaventura assistevano inesorabili al suo
imminente trapasso, san Gregorio Magno
apparve nella lugubre stanza dell'ammalata e le predisse la morte che
sarebbe avvenuta otto giorni più tardi. E così avvenne il 12 marzo 1253, quando la fanciulla ricevette l'estrema unzione e spirò all'età di soli quindici anni.
Già
l'apparizione di san Gregorio è un miracolo e forse è quello più
significativo della vita della fanciulla anche perché la poverella morì
il 12 di marzo proprio nel giorno di san Gregorio come quest'ultimo le
aveva predetto.
Quando il corpo di Fina fu staccato (con non poche difficoltà) dalla
tavola di quercia, i presenti notarono che dal legno erano fiorite delle
gialle viole a ciocche e che nella casa si diffuse un fragrante odore
di fiori freschi. Le viole nacquero anche sulle mura di San Gimignano e
vi nascono ancora oggi tanto che dagli abitanti del luogo sono chiamate
"Viole di Santa Fina".
Il corpo della fanciulla fu trasportato nella Pieve Prepositura e durante il tragitto tutta la popolazione le rese omaggio esclamando «È morta la Santa!».
Il pellegrinaggio dei sangimignanesi alla Pieve per vedere la salma
durò alcuni giorni tanto da ritardarne la tumulazione. Durante questo
periodo di esposizione al pubblico le vennero attribuite numerose
guarigioni di malati fra le quali viene ricordata quella della sua
nutrice Beldia. La donna aveva la mano rattrappita a causa della fatica
nel sostenere la testa di Fina durante la sua malattia. Mentre stava
dinanzi al cadavere situato nel coro della Pieve, la mano della
fanciulla morta le sollevò e le prese la sua guarendola.
Sempre nel momento del suo trapasso si racconta che le campane suonassero a festa senza che nessuno le avesse mosse.
Moltissimi malati che, negli anni seguenti, fecero pellegrinaggio
alla sua tomba furono miracolosamente guariti ed alcuni di loro
divennero fra i più ferventi apostoli del culto della Santa.
Una nota a parte meritano alcuni aneddoti che riguardano la vita di
Fina. Per quanto estremamente dettagliati, con l'intento di fornire
notizie sulla sua vita e accreditare altri miracoli avvenuti, provengono
da fonti che le catalogano come leggende.
Tuttavia resta un mistero il fatto che la piccola abbia deciso di
restare su una tavola di quercia. Pare che ella, nel periodo antecedente
la sua malattia, fosse entrata nelle simpatie di un soldato il quale,
come pegno d'amore, le avrebbe donato un'arancia. Dinanzi al rimprovero
dei genitori per l'accettazione di tale dono avrebbe in seguito scelto
di giacere su una rozza e dura tavola come segno di penitenza.
Un altro episodio narra che durante una passeggiata con due sue
amiche udì il pianto di una bambina più piccola. Smeralda, questo il suo
nome, stava piangendo per aver rotto una brocca che la madre le aveva
dato per attingere l'acqua alle Fonti.
Mentre si era fermata a giocare con alcuni bambini aveva lasciato il
recipiente incustodito che, rotolando, si era frantumato. Fina le disse
di ricomporre i cocci e di metterli sotto l'acqua: la brocca ritornò
integra e si riempì.
Da ricordare anche quello che accadde ad un certo Cambio di Rustico,
vicino di casa di Fina, che si vantava di aver assistito alla fioritura
delle viole sulla tavola al momento del trapasso. Il 12 marzo di alcuni
anni dopo, quando tutti si astenevano dal lavoro per ricordare la
poverella, si recò nel bosco a fare la legna e si ferì ad una gamba.
Sofferente dal dolore chiese perdono alla Santa per non aver rispettato
il giorno festivo cosicché la sua ferita si rimarginò e ogni pena cessò.
Gli altri miracoli attribuiti a Santa Fina sono presenti in racconti, dipinti, rime e nei processi verbali rogati dai notai.
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